Le reazioni dopo un evento disastroso

Le reazioni dopo un evento disastroso

In un post precedente ci siamo soffermati a riflettere su chi siano le vittime di un’emergenza, perché per tutti va pensato un debito supporto.

Ora vediamo quali sono le reazioni attese dopo che l’evento è accaduto.

Paura che l’evento si ripeta.

La “paura” è una normale risposta adattiva che può salvare la vita. Può spingere ad esprimere le proprie sensazioni, a chiedere di essere aiutati, a reagire per riacquisire il senso di controllo sulla propria vita.

La paura può cristallizzarsi ad ogni possibile segno premonitore del ripetersi dell’evento negativo, come ci insegna l’esperienza della pioggia in Emilia.

Questa paura non va trascurata, ma compresa; è meglio attrezzarsi ad affrontarla già nella pianificazione del soccorso.

Ad esempio, può essere utile che le persone partecipino all’opera di verifica dell’agibilità delle abitazioni, ma anche degli edifici pubblici. Questo coinvolgimento può aiutare i genitori a rimandare i figli a scuola, nella misura in cui partecipando alla “verifica” vivono una sorta di rito di riposizionamento dell’edificio in un’area cognitiva ed affettiva di sicurezza a cui riaffidare i propri figli.

Rabbia

La rabbia molto intensa è una seconda reazione. Rivolta in modo particolare verso i veri o presunti responsabili.

La persona utilizza la propria rabbia per difendersi dall’immensa tristezza e dalla disperazione. Come se la richiesta di punizione dei presunti responsabili possa arrivare a cancellare l’evento stesso.

È importante non reprimere queste manifestazioni, ma anche non rispondere con frasi quali: “non puoi farci nulla, la tua rabbia è inutile”. Analogamente non è opportuno rispondere alla rabbia con la rabbia.

Senso di colpa

All’interno del processo di sviluppo personale la colpa rappresenta uno degli strumenti a disposizione della persona per aiutarla a capire se ciò che fa o pensa è giusto o sbagliato.

Senso di colpa che può interessare, appunto, i propri comportamenti, e rappresenta un segno di buona socializzazione e di adattamento alle norme morali ed etiche del gruppo di appartenenza, a patto che i movimenti che ne scaturiscono siano adattativi alla realtà: in altre parole spingano all’azione riparativa in maniera realistica.

Senso di colpa per essere sopravvissuti (detta colpa da sopravvivenza) è una particolare forma di colpa che si sviluppa quando un soggetto assiste alla morte di una persona amata, rimanendo illeso. Si tratta di una reazione psicologica e somatica caratterizzata da ansia, depressione per essere vivi mentre altri sono morti. Si accompagna spesso con il ritiro dalla vita sociale, la perdita di iniziativa, la presenza di disturbi del sonno con incubi.

Appare molto difficile riuscire ad attribuire la responsabilità dell’accaduto al caso (che spesso ha un ruolo predominante) perché questo contrasta con il bisogno delle persone di dare sempre un senso agli eventi.

Inibizione dei sentimenti

Se appare del tutto accettabile il fatto di incontrare una persona che si sta disperando di fronte ad un evento tragico, risulta più arduo comprendere le reazioni di estraneità, l’assenza di partecipazione e/o di manifestazione di dolore. A volte il soggetto non appare addolorato, sembra distaccato da quanto è avvenuto, altre volte manifesta un’attività esagerata, del tutto inidonea all’evento in atto. Si tratta del tentativo di inibire un dolore di fronte alla perdita subita, sentito come troppo forte e capace di procurare danni enormi.

Confusione e stordimento cognitivo

La persona può presentarsi immobile, inebetita, apatica e sostanzialmente indifferente a ciò che la circonda. Si tratta di una difesa atta a permetterle di non affrontare subito un’esperienza traumatica. È come se la persona avesse bisogno di un certo lasso di tempo per lasciare che la realtà penetri dentro di se, per poterla vedere.

Alla stessa stregua vanno considerate le alterazioni sensoriali che si possono manifestare durante la fase di impatto, come la visione a tunnel e l’esclusione auditiva, che mantengono l’attenzione solamente sulla fonte del pericolo rendendo difficile vedere la possibile via di fuga o anche sentire le indicazioni che provengono dai soccorritori.

Sconforto per la propria vulnerabilità

La vulnerabilità fa parte della vita, anzi ne è una scomoda comprimaria.

Quando viene messo in gioco il tema della vulnerabilità sociale o personale scattano reazioni non più legate alla semplice paura (che è un buon meccanismo di difesa contro il pericolo), ma all’angoscia. Questo è il sentimento paralizzante di chi si sente di fronte ad un pericolo “indeterminato”, che può essere dovunque e può colpire in qualsiasi momento.

Il tema delle vulnerabilità è sempre più evidente in questi ultimi anni e le persone hanno cominciato a guardare al futuro con un senso fino ad ora ignoto di intima angoscia.

Dolore per le perdite subite

Coloro che vivono una situazione d’emergenza si trovano spesso a compiere un grande sforzo per sopportare senza soccombere sentimenti devastanti legati al dolore per le perdite subite. Un percorso denso di insidie che, però, può trovare un esito liberatorio come nello splendido film “Tre colori: Blu” di Kieslowski.

Mappa mentale

Mappa mentale

Torniamo sul tema di come il cervello costruisca una mappa mentale dell’ambiente. Questo è rilevante per i temi della sicurezza sul lavoro e delle risposte alle situazioni critiche. Ma la cosa è importante perché si tratta meccanismi che ci permettono di orientarci e di spostarci da un luogo a un altro.

Mappa mentale

La mappa mentale è la rappresentazione interna che ci facciamo, con il passare del tempo, di un qualsiasi ambiente frequentato, e ha la funzione di dare un significato alla complessità delle informazioni ambientali e di facilitare i nostri comportamenti spaziali.

Mappa mentale per orientarci

La mappa mentale è costituita dai percorsi che, in base all’esperienza acquisita, ci aspettiamo di incrociare per raggiungere un determinato luogo. Si tratta degli elementi percettivi più rilevanti che ci attendiamo di trovare sul percorso e degli ostacoli che pensiamo di dover superare.

Come si forma la mappa mentale

Per costruirci la mappa mentale di un qualsiasi ambiente procediamo sostanzialmente nel modo seguente: fissiamo dapprima dei capisaldi di riconoscimento, che siano in grado di scandire i percorsi, e poi arriviamo ad estendere la nostra conoscenza ai percorsi e, infine, possiamo concentrarci sui dettagli.

Come se avessimo nella nostra mente un foglio di carta sul quale sono tracciate le linee fondamentali per l’orientamento. Ma si tratta di una carta topografica molto imperfetta che somiglia più ad un documento geografico medioevale piuttosto che alla piantina di una città moderna.

Mappa mentale e landmarks

Un aspetto fondamentale è rappresentato dai landmarks, che possiamo definire come dei veri e propri marcatori del territorio. Si tratta di elementi fisici percettivamente evidenti e facilmente identificabili. Rappresentano dei veri punti di riferimento. Sono, quindi, nodi del percorso molto significativi, che ci permettono di decidere come muoversi e che, una volta acquisiti, difficilmente vengono modificati.

La stessa memorizzazione di un percorso è correlata non tanto alla sua lunghezza, ma dalla presenza dei landmarks di questo tragitto.

Visivamente può trattarsi di un “edicola di giornali” o di una “fotocopiatrice”. È quello il punto di riferimento: li si svolta.

Nel campo dell’emergenza sono gli elementi fondamentali che utilizziamo a fronte alla necessità di un’evacuazione.

Modifiche delle mappe mentali

Man mano che queste mappe si consolidano ogni cambiamento se non attentamente studiato e condiviso potrà creare problemi sia di comportamento (molti soggetti tenderanno a percorrere strade note, anche se sono state chiuse), sia affettivi (giacche ogni cambiamento va a rompere una struttura rassicurante).

I landmarks e le relative mappe mentali che ne scaturiscono vanno studiati in modo interdisciplinare  e condiviso al fine di garantirne leggibilità e rassicurazione.

Torniamo sul tema di come il cervello costruisca una mappa mentale dell’ambiente. Questo è rilevante per i temi della sicurezza sul lavoro e delle risposte alle situazioni critiche. Ma la cosa è importante perché si tratta meccanismi che ci permettono di orientarci e di spostarci da un luogo a un altro.

Mappa mentale

La mappa mentale è la rappresentazione interna che ci facciamo, con il passare del tempo, di un qualsiasi ambiente frequentato, e ha la funzione di dare un significato alla complessità delle informazioni ambientali e di facilitare i nostri comportamenti spaziali.

Mappa mentale per orientarci

La mappa mentale è costituita dai percorsi che, in base all’esperienza acquisita, ci aspettiamo di incrociare per raggiungere un determinato luogo. Si tratta degli elementi percettivi più rilevanti che ci attendiamo di trovare sul percorso e degli ostacoli che pensiamo di dover superare.

Come si forma la mappa mentale

Per costruirci la mappa mentale di un qualsiasi ambiente procediamo sostanzialmente nel modo seguente: fissiamo dapprima dei capisaldi di riconoscimento, che siano in grado di scandire i percorsi, e poi arriviamo ad estendere la nostra conoscenza ai percorsi e, infine, possiamo concentrarci sui dettagli.

Come se avessimo nella nostra mente un foglio di carta sul quale sono tracciate le linee fondamentali per l’orientamento. Ma si tratta di una carta topografica molto imperfetta che somiglia più ad un documento geografico medioevale piuttosto che alla piantina di una città moderna.

Mappa mentale e landmarks

Un aspetto fondamentale è rappresentato dai landmarks, che possiamo definire come dei veri e propri marcatori del territorio. Si tratta di elementi fisici percettivamente evidenti e facilmente identificabili. Rappresentano dei veri punti di riferimento. Sono, quindi, nodi del percorso molto significativi, che ci permettono di decidere come muoversi e che, una volta acquisiti, difficilmente vengono modificati.

La stessa memorizzazione di un percorso è correlata non tanto alla sua lunghezza, ma dalla presenza dei landmarks di questo tragitto.

Visivamente può trattarsi di un “edicola di giornali” o di una “fotocopiatrice”. È quello il punto di riferimento: li si svolta.

Nel campo dell’emergenza sono gli elementi fondamentali che utilizziamo a fronte alla necessità di un’evacuazione.

Modifiche delle mappe mentali

Man mano che queste mappe si consolidano ogni cambiamento se non attentamente studiato e condiviso potrà creare problemi sia di comportamento (molti soggetti tenderanno a percorrere strade note, anche se sono state chiuse), sia affettivi (giacche ogni cambiamento va a rompere una struttura rassicurante).

I landmarks e le relative mappe mentali che ne scaturiscono vanno studiati in modo interdisciplinare  e condiviso al fine di garantirne leggibilità e rassicurazione.

Attaccamento ai luoghi

Attaccamento ai luoghi

Il cambiamento climatico e il conseguente riassetto del territorio che dovremmo affrontare nei prossimi anni dovrà tenere conto che lo spazio abitato non è solo un’entità fisica ma che contiene, per ognuno di noi, elementi diversi: le preferenze, i valori, i significati, le immagini, le sensazioni che determinano la necessaria adattabilità ai mutamenti ambientali che dovremmo vivere.

Lo spazio abitato e vissuto deve, quindi, contenere elementi decisivi che favoriscano il progettare un universo che rassicura, protegge, soddisfa, esprime e fa crescere (per ulteriori approfondimenti vedi il video dal titolo vivere la città).

Cambiare casa

Proprio gli effetti del cambiamento climatico ci suggerisce di ripensare allo spazio nel quale le persone saranno spinte a vivere per mantenere una necessaria sicurezza.

Cambiare casa o luogo di lavoro può risultare positivo se favorisce un positivo attaccamento al nuovo ambiente. Un processo delicato perché il luogo di appartenenza arriva a prendere per ognuno la sua forma. Come un vestito che, per sentirselo addosso, non deve essere né troppo stretto, né troppo largo, ma modellato su di noi. Con quel tanto di confort armonioso che non incute timore né desiderio di allontanarsi.

La sfida del degrado

Ripensare ai luoghi e ai quartieri contiene una sfida particolare che oggi va al di là dell’emergenza. Questo perché sono spesso le aree e le abitazioni più degradati (quindi più soggette alla necessità di un cambiamento) quelle che presentano maggiori problemi perché sono anche quelle che, per il tema dell’attaccamento storicamente vissuto dalle parsone che lo abitano rischiano di rompere in loro l’integrità mentale e il necessario benessere personale.

Sono i luoghi abitati da quelli che possiamo chiamare come “lungo residenti, che sono in specie gli anziani,

Un sostegno interdisciplinare

Solo un lavoro interdisciplinare può favorire in tutti una buona relazione di attaccamento con l’ambiente. In specie se nuovo e non scelto. Un lavoro che punta ad attraversare una lunga e necessaria fase di elaborazione della perdita subita, attraverso un attento ascolto dei bisogni dei singoli e delle comunità che, negli anni, hanno sviluppato una loro identità.

Sbagliando si impara

Sbagliando si impara

La paura di sbagliare di cui abbiamo già parlato, porta all’indecisione di fronte a qualsiasi scelta: per non sbagliare, continuiamo a rinviare.

L’errore è inevitabile

Se l’errore è inevitabile, l’atteggiamento che assumiamo di fronte ad esso è fondamentale. In questa direzione è fondamentale liberarsi dalla tendenza a ipergeneralizzare: a pensare che sbaglieremo “sempre”.

In questo senso è importante l’atteggiamento che assumono le altre persone, in specie durante la prima infanzia e la scuola. Piccole prese in giro e commenti spiacevoli sono decisivi. Messaggi che indicano che siamo un “fallimento”, che “siamo dei somari” ci forniscono la spiacevole impressione di esserlo veramente. 

Dobbiamo accattare l’idea che, al di là degli errori che il fatto stesso di agire porterà con sé, ci saranno anche dei successi.

L’ossessione della prestazione

Questo porta all’ossessione della prestazione, vissuta come condizione necessaria per essere apprezzati e accettati dalla società, senza tollerare la minima incertezza sul lavoro, né in qualsiasi altro ambito.

La sfida per i perfezionisti consiste nell’accattare e integrare una parte di errore nelle loro vite. Per farlo, devono capire che lo loro intolleranza all’errore si applica solo a loro stessi, ed è decisamente sproporzionata.

Errore e azione

Nella misura in cui l’errore è indissociabile dall’azione, ogni azione può portare all’orrore. Ecco allora che l’unico modo per non sbagliare è non fare nulla.

Il fatto di commettere un errore non comporta un verdetto definitivo sulle nostre capacità, sui nostri desideri. Agite, provate, progredite! Questo è il mantra da ripetere senza sosta.

Gli studi lo confermano: i rimpianti peggiori che ci portiamo dietro per tutta la vita non riguardano azioni dall’esito negativo, ma quelle non intraprese per paura di sbagliare.

Osservare l’imprecisione

Le imprecazioni fanno parte della vita. Osservare che gli altri commettono errori non è “magra consolazione, ma ci permettono di capire che tutti li commento e che il giudizio non è buoi così negativo neppure per i nostri errori.

Come possiamo imparare dagli errori

É necessario restituirci la possibilità di commette errori. Non concederci questo diritto significa aprire le porte alla fobia e all’ansia. Per trovare l’atteggiamento giusto è dunque consigliabile adottare una prospettiva di scoperta perché questa è la vera funzione dell’errore: quella di guidarvi sul cammino che porta alla conoscenza di noi stessi.

La conoscenza di no stessi procede in gran parte per prove ed errori. Gli errori possono essere difili da digerire, spesso invece é necessario é importante cambiare strada quando si finisce in un circolo cieco.

Secondo questa prospettiva, i nostri errori dovrebbero essere considerati non come porte che si chiudono, bensì come la possibilità di vedere strade che rimangono aperte e che dobbiamo tentare di approfondire. Naturalmente bisogna saper insistere e non cambiare strada al primo ostacolo.

Il nuovo numero di PdE

Il nuovo numero di PdE

E’ stato inviato agli abbonati il nuovo numero di PdE.

Sommario

Ricordi per la sicurezza

Una riflessione su come i ricordi di episodi pericolosi possono aiutare a migliorare la sicurezza sul lavoro.

Benessere, relazioni e produttività: il progetto dei nuovi luoghi del lavoro.

Il ruolo che il lavoro occupa nella vita delle persone sta fortemente cambiando negli ultimi decenni: una riflessione sui nuovi luoghi di lavoro.

Comportamento Manageriale Positivo (CMP): strumenti organizzativi per la prevenzione dello stress lavoro-correlato

Strumenti organizzativi per supportare un manager per affrontare il tema dello stress lavoro-correlato.

La fuga nelle situazioni di emergenza

Come comunicare in modo efficace la necessità di abbandonare un ambiente in caso di pericolo ed emergenza.

 

L’abbonamento alla rivista è del tutto gratuito al link https://www.studiozuliani.net/pde-2/ 

Chi desidera ricevere notizie settimanali sul materiale via via pubblicato può accedervi:

Per ogni richiesta di informazioni e chiarimenti scrivete a segreteria@studiozuliani.net