Pregiudizio e ascolto

Pregiudizio e ascolto

Torniamo sul tema del pregiudizio, considerando che l’ascoltare quello che un’altra persona ha da dirci può aiutare a diminuire questo effetto negativo.

Quando ascoltiamo una persona incontriamo il racconto che lei ci propone di se stessa. Questo determina due movimenti complementari. Quello che lei ci racconta e quello che siamo in grado di comprendere.

Questo secondo movimento si mette in moto alla luce di quello che già sappiamo di lei e del nostro bisogno di avere una visione connotata da conseguenzialità e chiarezza.

 Il bosco del racconto

All’interno di ogni ascolto, come osserva Borges, c’è una sorta di bosco caratterizzato da sentieri che continuamente si biforcano. Ogni albero che incrociamo nel bosco (le parole che sentiamo) ci pone di fronte a una scelta: andiamo verso sinistra o verso destra?

Una scelta che continuamente compiamo sulla base della nostra cultura, dell’esperienza, della nostra visione del mondo.

Tanto che, mentre la persona sta ancora parlando facciamo una sorta di scommessa sulla direzione che prenderà all’interno di questo bosco.

Tanto più perché il racconto che ci viene offerto e le parole che sentiamo contengono già una sorta di mappa di orientamento.

Questo è il bello della complessità dell’ascolto. La possibilità di essere disponibili a essere trasportati all’interno di tracciati inattesi.

 Gli incipit dei racconti

Al fine di riflettere su questi temi ecco gli incipit (le prime parole) di tre racconti scritti tra il 1883 e il 1915.

La domanda è: come evolverà poi la stesura?

Il primo brano è tratto da “L’albergo del delitto” di Carolina Invernizio. Si tratta di un’autrice molto importante nel panorama della letteratura italiana perché ha dato parola e legittimità alle emozioni delle classi popolari del nostro Paese.

Ecco l’incipit:

“La sera era splendida, sebbene freddissima. La luna, alta nel cielo, la via di Torino come in pieno giorno. L’orologio della stazione segnava le sette. Sotto l’ampia tettoia si udiva il rumore assordante di due treni diretti che si incrociavano: l’uno in partenza, l’altro in arrivo”.

Il secondo incipit è tratto da “La metamorfosi” di Franz Kafka.

“Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa, si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto”.

 La distanza tra gli incipit

Esiste una grande distanza tra questi due motivi narrativi. Quella della Invernizio si presenta come una fotografia del reale. Kafka apre a una miriade di immagini e interrogativi. Cos’è accaduto? Perché un insetto? Perché proprio Samsa? E così via.

Di fronte a questi due incipit i nostri criteri nell’ascolto e le nostre attese sono orientate diversamente.

Siamo spinti a decidere di sapere un po’ in che direzione si andrà continuando la lettura.

Per rimanere nella suggestione di fondo dell’articolo, di sapere dove andrà a parare la persona che abbiamo di fronte.

D’altra parte questo “sapere” e questa presunzione ci tranquillizzano. Pur contenendo un grande pericolo: l’illusione di sapere.

 Il Pinocchio di Collodi

In questa direzione ci aiuta l’incipit del “Pinocchio”.

Collodi inizia con queste parole: “C’era una volta … Un Re! Diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”.

Appena pensiamo di aver capito che si tratta di una fiaba per bambini, Collodi ci mostra che la nostra previsione è sbagliata e ci invita ad accettare l’avventura dell’incontro con un burattino e non con un Re.

Non vogliamo aggiungere nuove parole ai tre incipit. Chi lo desidera può trovarne da solo le sorprendenti evoluzioni.

Scoperte interessanti che ci spingono a un ascolto più attento.