Considerazioni sulla guerra e sull’uccidere

Considerazioni sulla guerra e sull’uccidere

La guerra è una realtà che attraversa tutta la storia dell’uomo, nonostante questa non sia un’esperienza “naturale”.

Come abbiamo scritto in un contributo predicente, siamo infatti tutti portati fin dall’esperienza da neonati all’altruismo, a condividere le sofferenze con l’altro.

 

Abbiamo quindi deciso di affrontare il tema della guerra da due versanti: come questa esperienza incida sia su chi la combatte, ma anche sulle sempre maggiori vittime civili e, infine, su coloro, spesso i familiari, si trovano a condividere le esperienze atroci con gli ex combattenti.

Contributi che si susseguiranno cercando di mettere in luce questi versanti di quel mondo folle che è la guerra: perché la guerra rende folli tutti i suoi protagonisti, diretti o indiretti.

 

Per questa ragione, i contributi ascolteranno voci diverse, perché le complessità hanno sempre bisogno di confronti per arrivare a delineare l’avvio di un quadro di riflessione di un certo spessore. Contributi che contiamo aprano un dibattito tra chi segue il nostro lavoro.

 

Il primo lavoro riguarda il vissuto psicologico dei combattenti e sui loro traumi, troppo spesso trascurati dal dibattito pubblico.

La mappa nella memoria

La mappa nella memoria

Molte volte la possibilità di una persona di poter uscire da una situazione di pericolo, pensiamo a esempio all’evacuazione di un edificio, dipende non solo da una corretta predisposizione di cartelli e indicatori, ma anche dalla sua capacità di orientarsi nello spazio. Per questo parliamo di mappa nella memoria

Questa dipende, in larga parte, dal fatto che una delle funzioni del cervello è quello di costruire, archiviare e usare delle proprie mappe mentali per questa finalità. Si tratta di modelli, a volte molto rozzi e approssimativi, dello spazio circostante che permettono di orientarsi all’interno di un ambiente, anche in luoghi complessi e mutevoli, prevedendo, alloccorrenza, la flessibilità necessaria a usare scorciatoie o deviazioni. Possibilità di straordinaria importanza quando una via di uscita nota e attesa, ad esempio nel corso di un’emergenza, appaia non utilizzabile.

 Questa costruzione di modelli, o creazione di mappe, si estende ben oltre lo spazio fisico. Ci sarebbero mappe mentali anche al cuore di molte altre capacità: la memoria, limmaginazione, il ragionamento astratto e persino la dinamica delle relazioni sociali.

Per rimanere nell’ambito del tema in esame è importante comprendere come fa il cervello a creare le mappe che gli permettono di orientarsi e di come tale processo possa essere favorito. Aspetto, questo, importante al fine di aumentare la sicurezza a fronte di una situazione di emergenza.

Cotruire la mappa nella memoria

Il cervello ha costantemente il compito di conoscere molte cose essenziali alla gestione della nostra posizione nello spazio. Da dove abitiamo, a dove lavoriamo, alla posizione del nostro negozio preferito. Luoghi che rintracciamo facilmente e verso i quali ci muoviamo velocemente e automaticamente. Pur non essendo del tutto chiarito il modo in cui organizziamo queste informazioni all’interno di una mappa coerente, sembra che il sistema ippocampo-entorinale sia un efficace disegnatore di queste mappe necessarie per localizzare noi stessi nello spazio, all’interno di una pianificazione attiva.

Un lavoro di pianificazione non è solamente un’attività consapevole, ma avviene anche nel sonno, quando sequenze di attività delle cellule di posizione si riattivano per riprodurre il passato o per simulare il futuro. Questa sorta di simulazione dei comportamenti spaziali è importante perché ci evita il compito gravoso di esplorare ogni volta molteplici alternative nel mondo reale prima di decidere quale azione intraprendere. Sarebbe una fatica immane con un ampio rischio di errore. Invece, questa sorta di simulazione offline ci permette di immaginare molte possibilità senza doverle sperimentare direttamente. In questo il sonno è un grande supporto.

Il ruolo del tempo e dello spazio

In questo complesso lavoro il tempo e lo spazio sono strettamente legati, come il nostro stesso linguaggio dimostra. Parliamo di un tempo che scorre, guardiamo «in avanti» al futuro e «indietro» al passato, e così via.

Gli stessi neuroni nel sistema ippocampo-entorinale codificano il decorso temporale dell’esperienza. Le cellule del tempo scaricano in momenti successivi, ma non segnano il tempo in modo semplice, come un orologio. segnano invece il contesto temporale, allungando o comprimendo la durata delle proprie scariche se, per esempio, varia la lunghezza di un compito. Ecco, infatti, che alcune cellule del tempo codificano anche lo spazio.

Le mappe non sono ritratti accurati del mondo in tutta la sua complessità. Piuttosto, sono rappresentazioni di relazioni, vale a dire distanze e direzioni tra posizioni, e tra ciò che esiste. Le mappe riducono una quantità vertiginosa di informazioni del mondo reale a un modello semplice, di facile lettura, utile per una navigazione efficace e flessibile.

I tipi di cellule citati in precedenza (cellule di posizione, cellule griglia, cellule dei confini) cucirebbero insieme questi elementi correlati in una mappa mentale che poi altre regioni cerebrali possono leggere per guidare la «navigazione», che sfocerà in una presa di decisioni adattativa. La mappa nella memoria permette di inferire relazioni, persino quando non sono state sperimentate. Permette anche alle scorciatoie mentali di andare oltre lambito dei domini spaziale e temporale.

 Bibliografia

 Social Place-Cells in the Bat Hippocampus. Omer D. B. e altri, in «Science», Vol. 359, pp. 218-224, 12 gennaio 2018.

Navigating Social Space. Schafer M. e Schiller D., in «Neuron», Vol. 100, n. 2,

  1. 476-489, 24 ottobre 2018.

What Is a Cognitive Map? Organizing Knowledge for Flexible Behavior.

Behrens T.E.J. e altri, in «Neuron», Vol. 100, n. 2, pp. 490-509, 24 ottobre 2018.

Navigating Cognition: Spatial Codes for Human Thinking. Bellmund J.L.S. e altri, in «Science», Vol. 362, articolo n. eaat6766, 9 novembre 2018.

Esercitazioni aziendali efficaci

Esercitazioni aziendali efficaci

Un’efficace esercitazione aziendale necessità di due caratteristiche di base. L’essere annunciata per tempo e far parte di un programma di esercitazioni progettate nel tempo per evidenziare diversi temi. Appare utile focalizzare l’attenzione solo su alcuni temi per ogni esercitazione in modo da stressare e individuare i punti di risposta efficaci e quelli critici da migliorare.

Due caratteristiche delle esercitazioni aziendali efficaci

Queste due caratteristiche rispondono alla visione dell’esercitazione come strategia per accrescere la cultura della sicurezza in azienda. Comunicare i temi al centro di ogni esercitazione è estremamente importante. Aiuta a focalizzarsi sugli stessi, a sentirne la rilevanza per la sicurezza e l’esistenza di un progetto aziendale nella direzione di un continuo miglioramento. Agendo in questo modo i collaboratori sono spinti a percepire chiaramente l’interesse dell’azienda per la promozione della sicurezza e della risposta alle situazioni critiche. Proprio per questo motivo anche la comunicazione del programma esercitativo deve essere ben evidenziato fino al momento della co-valutazione dei suoi esiti.

Il ruolo della co-valutazione

Al fine di valutare gli esiti dell’esercitazione, riteniamo sia importante operare con la logica della co-valutazione. Questa logica risponde alla scelta di coinvolgere tutti nell’analisi dei punti di forza e in quelli di debolezza dei singoli punti stressati dall’esercitazione. Ciò non significa non coinvolgere, se serve, anche esperti esterni. Ma valorizzare il fatto che le migliori soluzioni per il miglioramento degli standard organizzativi e comportamentali si ottengono con la consapevole partecipazione di tutti i partecipanti.

Gli studi psicologici segnalano che l’adesione a indicazioni di comportamento cresce quando si tratta di mettere in atto azioni decise e scelte dai diretti interessati. L’adesione è, invece, scarsa quando si tratta di indicazioni che vengono da soggetti esterni, per quanto vissuti come autorevoli.

La condivisione dei progressi del programma esercitativo

Programmando una serie di esercitazioni aziendali efficaci, che si prolungano nel tempo, appare indispensabile costruire una memoria storica delle esperienze condotte e dei miglioramenti ottenuti attraverso le stesse. C’è infatti il rischio che focalizzandosi su un’unica esperienza esercitativa si perdano di vista gli importanti progressi ottenuti lavorando assieme nel miglioramento della sicurezza.

 

Bibliografia

Zuliani A., Santoro D. & Perotti T. (2021). Piano di emergenza interno e progettazione delle simulazioni, Ambiente e Sicurezza sul lavoro, anno XXXVII, 4, 26-33.

Zuliani A. (2020). La variabilità dei comportamenti, Il Giornale dell’Ingegnere, 9/2020, 10.

Zuliani A. & Dalsaso W. (2019). Le esercitazioni aziendali: analizzare e restituire, PdE, anno 15, 54, 4-6. Ripreso da PuntoSicuro 07 ottobre 2020.

Zuliani A. (2017). Esercitazioni aziendali. Un investimento positivo per l’azienda. Ambiente & Sicurezza sul Lavoro, 33(11), 44-54.

Collicolo superiore ed emergenza

Collicolo superiore ed emergenza

C’è uno stretto rapporto tra collicolo superiore ed emergenza. Il collicolo superiore non è una regola o una norma gerarchicamente superiore alle altre. Si tratta semplicemente di un piccola area del cervello. Posta sulla sommità del tronco encefalico, coinvolta nei movimenti di orientamento nello spazio e nella nostra stessa capacità di orientarci nello spazio. I suoi neuroni costituiscono una vera e propria mappa del mondo visivo.

Ruolo del collicolo superiore

 L’aspetto più interessante è che il collicolo superiore si attiva come risposta a un pericolo attraverso quella che possiamo individuare come “previsione dei movimenti attesi”. In sostanza l’immagine dell’oggetto si proietta sui neuroni del collicolo superiore, i quali interagiscono con quelli del collicolo inferiore. Un’iterazione molto importante perché questi ultimi ricevono informazioni dai suoni emessi dal medesimo oggetto. Questa interazione aumenta la capacità di individuare l’oggetto, la sua traiettoria e la sua possibile pericolosità.

Questa attività entra quindi a far parte della rete di difesa dai possibili pericoli della quale tradizionalmente sappiamo fa parte anche l’amigdala. Con la caratteristica di avere tempi di attivazione più rapidi dell’amigdala stessa, che, lo ricordiamo, è di circa 13 millisecondi. Tanto che una lesione al collicolo superiore indebolisce le attività di fuga o immobilizzazione risposte connesse alla presenza di un pericolo.

Non solo movimenti

 In particolare, il collicolo superiore si attiva quando percepisce un  movimento inatteso o anomalo: ad esempio un oggetto che ci sta cadendo addosso. In qualche modo, ci fa vedere il pericolo prima che l’immagine raggiunga le aree conticali più evolute.

Ma oggi sappiamo che la sua funzione va ben oltre. Percepisce anche la postura o una diversa espressione delle persone che ci circondano. Non riconosce l’identità del volto, ma, aspetto importante nelle situazioni critiche, il fatto che la persona sia spaventata. In questo senso possiamo dire che fa da specchio.

Una funzione da attivare positivamente

 Tutto questo il collicolo superiore lo mutua dall’esperienza fatta in situazioni precedenti, attivandosi ben prima di quella che poi noi chiamiamo reazione di paura.

Gli studi in questo campo sono molto importanti perché mostrano un altro ruolo che possono avere le esercitazioni all’interno delle aziende. Se le stesse sono progettate con attenzione è possibile fornire i debiti schemi di lettura dei movimenti e dei suoni all’area del collicolo. Sempre che si esca dalla semplice visione dell’esercitazione come momento di addestramento, per aiutare gli interessati a leggere e far propria l’esperienza vissuta. La narrazione di quanto è avvenuto nell’esercitazione è una lettura emotivamente positiva di quando è avvenuto e delle capacità di affrontarlo. Questo fornisce un ulteriore strumento di azione qualora si dovessero presentare analoghe situazione critiche.

E’ pur vero che il collicolo agisce ben prima della coscienza di quanto sta avvenendo. Ma costruire una traccia, anche inconsapevole, di rapporto tra collicolo superiore e risposta all’emergenza è certamente utile.

 Bibliografia

 Anastasio T. J., Patton P. E & Belkecem-Boussaid K. (2000), Using Bayer’s rule model multisensory enhancement in the superior colliculus, Neural Computation, 12, 1165-1187.

Cohn-Sheehy B. I., Delarazan A. I., Reagh Z. M., Crivelli-Decker J. E.,Kim K., Barnett A. J., Zacks J. M. & Ranganath C., (2021), The hippocampus constructs narrative memories across distant events, Current Biology, https://doi.org/10.1016/j.cub.2021.09.013.

Goldman-Rakic P.S. (1988), Topography of cognition: Parallel distibuted networks in primate association cortex, Annual Review of Neuroscinece, 11, 137-156.

Tamietto M., Cauda F., Corazzini L L. (2010), Collicular vision guides nonconscious behavior, Journal of Cognitive Neuroscience, 22 (5), 888-902.

La sorpresa in emergenza

La sorpresa in emergenza

La sorpresa in emergenza

di Antonio Zuliani

Spesso si attribuisce alla sorpresa la causa di una risposta inadeguata o errata ad un evento. Questo quando tale risposta sia arrivata a determinare un incidente o un infortunio. Le cose sono più complesse perché la sorpresa può essere dovuta a eventi diversi e le stesse strategie per affrontarla non sono le stesse.

Si ritiene che uno degli aspetti che può produrre una risposta errata a un’emergenza sia rappresentato dall’effetto sorpresa dovuto a una situazione inattesa. Occorre chiarire il concetto di “sorpresa” e le strategie che possono essere utilizzate per diminuire i possibili effetti negativi legati al manifestarsi di questa emozione.

Occorre ricordare che la sorpresa è un’emozione molto breve, che scatta all’improvviso, giusto il tempo per inquadrare quello che sta avvenendo. Di per sé la sorpresa è un’emozione neutra: semmai è quello che avviene successivamente a connotare l’esperienza in senso positivo o negativo.

 Focalizzando quanto detto nel campo dell’emergenza occorre distinguere due tipi di evento che determinano la sorpresa.

I tipi di sorpresa

Il primo si manifesta quando ci si trova di fronte ad un evento inaspettato, cioè a qualche cosa che non avremmo immaginato accadesse. In questo caso l’emozione di sorpresa è molto breve e prosegue trasformandosi in paura, se la situazione è minacciosa. Mentre subentra il disgusto, se l’evento è sgradevole o repellente; e in gioia o felicità, se quanto accaduto è piacevole, e così via.

Si tratta del transitare di un’emozione (la sorpresa) verso un’altra ed è necessario prestare attenzione a quest’ultima se si vuole aiutare la persona a fornire una risposta efficace. Per cui la persona va aiutata o attrezzata a gestire non tanto la sorpresa in emergenza, ma altre emozioni. Sono la paura o il disgusto che possono rallentare la sua risposta all’evento.

 Il secondo tipo di sorpresa è molto più complesso perché scaturisce dal contrasto con ciò che ci si aspettava accadesse in quel momento: possiamo dire con Paul Ekman, di essere di fronte a un evento dis-aspettato.

Di fronte a questo tipo di sorpresa, il cervello cerca prima di tutto di confrontare quello che sta accadendo con quello che si aspettava accadesse, ciò, contrariamente a quanto accade per eventi inattesi, rallenta l’evoluzione delle emozioni.

Questo avviene perché il cervello cerca di riportare tutte le situazioni che incontra all’interno di quelle che già conosce, arrivando a cancellare (negligenza omissiva) tutti gli elementi non aspettati che si trova di fronte.

 Nella prima situazione descritta, che determina l’avvio di un percorso dove la sorpresa transita verso altre emozioni, la risposta da predisporre è quella relativa al contenimento di queste seconde risposte emotive perché sono quelle che possono influire sulla capacità di reazione.

Nel caso di una sorpresa determinata da un evento dis-aspettato: Qui occorre aiutare la persona a liberarsi da questa negligenza omissiva affinché non rimanga nella condizione di non vedere quel che sta accadendo. In questo modo viene rallentata la fondamentale capacità di produrre un’efficace consapevolezza situazionale. Cioè la capacità di rendersi conto di quello che sta accadendo attorno a sé.