Povertà e cibi ipercalorici
Povertà e cibi ipercalorici
di Martina Zuliani
Spesso vediamo come, nelle società avanzate, vi siano differenze nell’alimentazione delle diverse classi sociali. Il cibo prodotto in catene di massa, largamente industrializzato e contenente conservanti, coloranti, aromi artificiali e, nel caso dei prodotti di derivazione animale, anche antibiotici, sono spesso venduti a prezzi ridotti, diventando così un’attrattiva per le classi meno abbienti.
Tendiamo dunque ad affermare che la diffusa obesità tra le persone economicamente svantaggiate sia dovuta solamente al non potersi permettere cibi più salutari.
Due studi effettuato da Boyka Bratanova, Steve Loughnan, Olivier Klein, Almudena Claassen e Robert Wood ed effettuato nell’Università di St. Andrew, Regno Unito, dimostrano però come vi siano ulteriori fattori che determinano l’assunzione di calorie nelle diverse classi sociali.
Le ipotesi di partenza dei ricercatori erano che la condizione di povertà portasse le persone a consumare maggiori quantità di calorie in via preventiva e che la percezione della disuguaglianza di classe portasse sia le persone più svantaggiate che quelle più avvantaggiate a soffrire di ansia e stress e, conseguentemente, a consumare più cibo.
Il primo studio
Nel primo studio vennero coinvolti 54 studenti universitari, con un’età media di 20 anni e di cui 28 ragazze. Essi vennero fatti accomodare in cubicoli separati e vennero informati del fatto che avrebbero preso parte a due studi, uno sulla percezione del benessere nella società e l’altro sul consumo di snack durante le attività ricreative.
All’inizio dell’esperimento vennero raccolti i dati demografici, sul benessere economico della famiglia e sul livello di fame dei partecipanti. Gli studenti si videro poi assegnare un brano da leggere. Vennero casualmente assegnati brani sul benessere della società o sulla sua povertà. Venne poi chiesto di descrivere i brani letti. Inoltre venne chiesto ai partecipanti di nominare due oggetti in loro possesso che li facessero sentire benestanti o poveri e due che li facessero sentire privilegiati o svantaggiati rispetto alle altre persone. Infine venne somministrato un questionario per misurare l’ansia da ineguaglianza focalizzato sulla percezione che i terzi hanno riguardo ai partecipanti.
Nella seconda parte dell’esperimento, i partecipanti vennero invitati a guardare due brevi documentari sulla natura. Durante il primo documentario, ciascun partecipante si vide offrire un piatto contenente 100 gr di cracker, nel secondo uno contenente 150 gr di cioccolata. Venne infine loro chiesto di valutare il gusto degli snack ricevuti.
I risultati dell’esperimento dimostrano come coloro che avevano letto il brano che descriveva la povertà insita nella società consumarono più calorie e apprezzarono maggiormente la cioccolata. Inoltre, coloro che nel questionario sulla percezione altrui avevano dimostrato di essere stressati riguardo alla loro posizione di benessere consumarono più calorie rispetto agli altri.
Il secondo studio
Nel secondo studio vennero coinvolti 93 studenti con un’età media di 20 anni e di cui 63 ragazze. L’obiettivo era misurare se una persona consumasse più calorie dopo essere stata convinta di essere più povera, più ricca o economicamente uguale agli altri. Come prima cosa fu inviato un questionario ai partecipanti per misurare il loro desiderio di appartenenza e di essere accettati, da compilarsi prima dell’arrivo in laboratorio. All’arrivo, gli studenti vennero fatti accomodare in cubicoli separati e informati del fatto che avrebbero partecipato a due studi, uno esaminante la percezione personale della propria situazione finanziaria, con discussione di gruppo finale, e una sul consumo di cibo durante le attività ricreative.
Si procedette quindi a registrare i dati anagrafici dei partecipanti ed il loro livello di fame, dopodiché venne amministrato loro un questionario sulla loro possibilità o meno di permettersi l’acquisto di cibi e vestiti da essi graditi, nonché il potersi pagare attività ricreative e di svago. Alla fine del questionario venne ricordato agli studenti che un dibattito avrebbe seguito l’esperimento. Successivamente, i ricercatori comunicarono ad ogni partecipante come esso fosse economicamente svantaggiato, avvantaggiato o mediamente uguale agli altri. La categorizzazione venne effettuata a caso. Venne poi assegnato il compito di scrivere un paragrafo esprimente le aspettative riguardanti il dibattito e di descrivere il proprio livello di apprensione rispetto ad esso.
A questo punto fu comunicato che lo studio sul consumo di cibo avrebbe preceduto il dibattito. I partecipanti guardarono un documentario sulla natura e venne loro fornito un piatto contenente 100 gr di cracker al formaggio e 150 gr di cioccolata.
I risultati ottenuti dimostrarono come coloro che erano stati definiti poveri rispetto agli altri dalla randomizzazione post questionario dimostrarono un livello di ansia elevato rispetto al dibattito e consumarono maggiori calorie. La stessa cosa avvenne per coloro che si erano dichiarati limitati nel potersi permettere svaghi e acquisti durante il questionario.
I risultati
Vediamo dunque come non sia solo l’economicità dei cibi spazzatura a causare un aumento del consumo di calorie nelle classi più povere, ma che vi siano anche fattori psicologici, quali l’ansia, e fattori istintivi, quali l’accumulo di calorie in vista di tempi più duri, ad aumentare il rischio obesità nelle classi meno abbienti.
La stessa ansia sociale si dimostra inoltre causa di elevato consumo di calorie anche per coloro che si trovino in posizioni di benessere e che percepiscano l’incertezza del loro futuro di successo.
Sicuramente il primo passo per combattere l’obesità è quello di garantire l’accesso al cibo sano per tutti, ma conoscenza di certi meccanismi psicologici può aiutarci nel comprendere meglio alcune cause dell’alimentazione incorretta e a creare nuovi modelli per prevenirla.