Cervello e memoria

Cervello e memoria

Cervello e memoria.

Dopo aver affrontato i rapporti e le differenze tra cervello e mente, torniamo parlare di memoria e dei suoi rapporti con il cervello. La memoria è importante perché raccoglie informazioni e le mette a disposizione del cervello.

Informazioni che hanno a che fare con le nostre esperienze e con le ipotesi che traiamo da quello che percepiamo accadere attorno a noi.

Ecco allora che la memoria influenza il cervello nell’elaborare le informazioni circa tutto quello che ci circonda all’interno di un processo di crescita esponenziale.

Memoria come processo continuo

Si tratta di un processo continuo per cui noi continuiamo ad apprendere dalla nostra stessa memoria.

La memoria degli eventi è essenziale. Pensiamo alla stessa sicurezza sul lavoro: se non facciamo in modo di ricordare un incidente e le sue dinamiche, lo stesso più facilmente si ripeterà. Si tratta di una memoria sia collettiva, sia individuale.

Favorirne il ricordo è essenziale, per cui, ad esempio, è fondamentale che prima di un turno di lavoro il preposto riunisca i colleghi per ricordare assieme le procedure di lavoro, le soluzioni possibili rispetto a ciò che può accadere, in  specie se si tratta di novità.

Dal sovraccarico delle informazioni a un nuovo design del mondo

Questo senza inquietare o sovraccaricare le informazioni. Perché le informazioni rischiano, se troppe, di essere cancellate. Tanto più oggi, visto che in questi ultimi anni abbiamo sovraccaricato la memoria di informazioni che poi rischiano di confondersi e di sovrapporsi.

Ecco perché, anche per gli orientamenti spaziali, essenziali per muoverci negli spazi o per evacuare una zona, abbiamo richiamato l’esigenza di sostenere la costruzione dell’essenziale mappa mentale che sta alla base del nostro padroneggiare lo spazio.

Quello che proiettiamo nei ricordi è molto limitato e la possibilità di trovare nuove soluzioni è molto bassa a meno di favorire una ricerca interdisciplinare di una sorta di design del mondo sempre più a nostra misura. Un design concettuale che è al centro di quello che noi chiamiamo essere protagonisti del cambiamento.

Cervello e mente

Cervello e mente

Il rapporto tra cervello e mente ha delle conseguenze non solamente sui nostri comportamenti quotidiani, ma anche nel nostro rapportarci con la realtà.

Questo ha profonde implicazioni sul benessere personale e sul significato che diamo al nostro rapportarci con i luoghi di vita e su i suoi mutamenti.

Cervello e mente

La distinzione tra cervello e mente pesa significativamente su come viviamo la realtà.

Parlare di cervello è relativamente lineare. Sappiamo che si trova nella scatola cranica e che evolve nel corso della nostra vita sviluppandosi fino all’età di 18 anni. Per essere precisi fino a un giorno prima del compimento dei 19 anni.

Se tutto si risolvesse sul funzionamento del cervello ogni interfaccia con il mondo che ci circonda sarebbe sostanzialmente prevedibile.

Le azioni sarebbero ripetibili e meccaniche e le stesse indicazioni di comportamento semplici e linearmente riproducibili nei suoi esiti.

La mente

Poi entra in gioco la mente, che già non sappiamo dove sia. Tempo fa si pensava fosse nel fegato perché liscio e quindi capace di “riflessione” rispetto alle cose del mondo. Semplice e rassicurante ma del tutto inesatto.

Forse l’errore consiste nel cercarla come se fosse qualche cosa.

Oltre la sua incollocabilità, la mente può essere definita come un insieme di esperienze soggettive.

La mente, in sostanza, rende possibile, comprensibile e a volte condivisibile quello che il cervello attiva. La connessione, gli stimoli elettrici delle sinapsi divengono pensieri, emozioni e azioni attraverso la mente.

Proprio per questo la sua funzione più importante è quella di modulare i comportamenti in specie all’interno di una condivisione sociale.

A titolo di esempio, se suona il telefono in casa di un amico lo avvisiamo della cosa, ma senza una sua richiesta non viene in “mente” di alzare la cornetta e rispondere.

Il tema diviene quindi quello dei comportamenti condivisi che ci riporta al tema affrontato nell’ultimo video sulla responsabilità condivisaa che rende via via i comportamenti, proprio perché sperimentati come efficaci, patrimonio di tutti.

Correlazioni note: please

Correlazioni note: please

Di fronte a ogni situazione che incontriamo il nostro cervello cerca correlazioni note e rassicuranti.

Un meccanismo che punta a risparmiare energia e a rassicurare sul fatto che non sta accadendo nulla di ignoto e verso il quale non abbiamo strumenti per affrontarlo.

Nell’articolo, pubblicato per Confprofessioni, abbiamo parlato di questo fenomeno partendo da un esempio letterario. Il racconto di fantascienza  Sentry di Fredirc Bown.

Per leggere l’articolo clicca qui

Videogiochi e cervello

Videogiochi e cervello

Videogiochi e cervello

di Antonio Zuliani

Di fronte ai video-giochi sorge l’idea che siano dei passatempo inutili se non, addirittura, dannosi. Probabilmente ciò è vero per la maggior parte dei prodotti in commercio, ma alcuni studi dimostrano che il Tetris, invece, ha un positivo influsso sulla plasiticità cognitiva. Il cervello Il nostro cervello fin troppo spesso attiva la funzione auto protettiva che possiamo denominare pregiudizio di negatività. E’ il meccanismo che fa in modo che prestiamo maggiore attenzione alle esperienze negative rispetto a quelle positive.

Si tratta di un meccanismo evolutivamente utile perché ha permesso all’uomo di prevedere e di difendersi dai pericoli, infatti, aspettandosi il peggio non si è mai trovato del tutto impreparato ad affrontare le insidie della vita. Il risvolto negativo è quello di avere un effetto nella vita di ogni giorno nella misura il cui la si affronta attraverso questa predisposizione negativa. Alcuni ricercatori ci mostrano che è invece possibile uscire da questo meccanismo per arrivare e a “ricablare” il nostro cervello a pensare in positivo.

Effetto tetris.

Sia Robert Stickgold sia Shawn Acor, nei loro studi partono da quello che chiamano “effetto Tetris”, si proprio quel vecchio giochino al computer che chiede alle persone l’abilità di far incastrare i mattoncini tra di loro. Ebbene è ampiamente dimostrato fin dal 2009 che si tratta di un gioco molto utile allo sviluppo delle potenzialità cerebrali, ma che ha anche la caratteristica di mantenere una certa attivazione mentale anche una volta terminato.

La spinta alla plasticità.

La capacità del gioco di aumentare la plasticità del cervello e di mantenere questa attivazione a lungo hanno stimolato i ricercatori a chiedersi se vi fossero dei meccanismi mentali che potessero avere la stessa funzione anche rispetto alla percezione positiva delle vita. In particolare Acor indica tre accorgimenti a suo dire utili: Fare ogni giorno la ricognizione di tre cose buone che sono accadute. Esse possono essere le più semplici, dall’incontro con un vecchio amico, ad un commento positivo ricevuto sul luogo di lavoro all’aver osservato un bel tramonto. Si tratta di abituare il cervello a riconoscere e registrare anche le cose positive. Una seconda strategia consiste nel riconoscer anche agli altri delle positività. Sempre nella logica del “vedere” queste cose appare utile trasmetterle con un complimento, piuttosto che con una mail o un semplice grazie. Infine cercare di fare qualche cosa di bello: da un piccolo atto di gentilezza ad un aiuto. Forse non si tratta di strategie definitive, ma perché non provare a sorridere alla vita, aspettandoci che la stessa sorrida a noi?