Complottismo

Complottismo

lLa tendenza al complottismo non è certo nuova e in ogni stagione trova le sue manifestazioni.

 Il ruolo dell’ansia

L’American Psychiatric Association ha riscontrato un collegamento tra la tendenza al complottismo e l’ansia nei confronti dei temi che ci riguardano direttamente. Dalla salute, alla sicurezza, dalla situazione economica, alla politica e fino alle difficoltà nelle relazioni interpersonali.

 Meccanismi mentali

Alcuni meccanismi mentali che appartengono a tutti noi funzionano da supporto al fenomeno del complottismo e che fanno parte del modo in cui funzioniamo:

  • Bias di conferma, che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare le informazioni che ci arrivano in modo da porre la maggiore attenzione, e di conseguenza attribuire maggiore credibilità, a quelle che confermano le nostre convinzioni e ipotesi preesistenti.
  • Bias del seno di poi, che funziona attraverso la tendenza a essere spinti a ricostruire a posteriori il modo in cui si è svolto un determinato evento; le connessioni tra i vari aspetti vissuti.
  • Dissonanza cognitiva che ci spinge a individuare ogni dato e spiegazione che rafforzi, invece di smentire, le nostre convinzioni.

 Strategie di fronte al complottismo

Le idee complottiste non vanno aggredite perché facendolo rischiamo che la persona che le manifesta senta che, insieme alle sue idee, viene messa in discussione anche la sua identità. Questo la spinge a difendere l’una e l’altra.

Certamente incoraggiare il pensiero analitico aiuta, ma senza che lo stesso arrivi a demolire il bisogno che abbiamo di sentire di avere un senso e una spiegazione verso quello che viviamo.

Non conta il peso del tema che abbiamo davanti.  Quello di cui tutti abbiamo bisogno è di pensare che nulla avviene per caso e che, comunque possediamo una certa forma di controllo.

Un bisogno che va in ogni caso rispettato senza mai colpevolizzare e ridicolizzare ognuno di noi per le idee che esprime. Una delle strategie più efficaci contro il dilagare del complottismo.

 

Un approfondimento sul tema del complottismo

Euristiche e bias

Euristiche e bias

Euristiche e bias

di Antonio Zuliani

A volte accade di riscontrare una certa confusione nell’utilizzo del termine euristiche e del termine bias (addirittura alcuni autori li usano come sinonimi).
Non solo non si tratta di sinonimi ma le stesse strategie per affrontare i problemi posti dall’euristiche sono diversi da quelli posti dalla presenza dei bias.

Con euristica si intende una procedura mentale di semplificazione che, a un certo momento, è servita per trovare una soluzione semplice e accettabile a un problema. Possiamo dire che si tratta di una “scorciatoia decisionale”. Il problema è che, cambiando contesto, questa scorciatoia decisionale potrebbe non funzionare più egregiamente; ecco perché la strategia fondamentale per far fronte ai limiti dell’utilizzo delle euristiche sta proprio nello sviluppare un’attenta consapevolezza situazionale.

Quando parliamo di bias ci troviamo di fronte a un errore sistematico di giudizio, cioè al fatto che il cervello suggerisce una valutazione errata; in questo caso si parla infatti di errore mentale.

Un esempio di euristica può stare nella domanda segue: “come si fa, indipendentemente dalla lunghezza di un numero, a sapere se lo stesso è pari oppure dispari. La risposta è estremamente semplice: “ci riguarda l’ultimo numero”. Il cervello ha appreso questa strategia e continua ad utilizzarla perché funziona in ogni situazione (almeno finché non cambia la matematica!).
Passiamo a un altro problema: “prendete un foglio di carta dello spessore di 1 millimetro e supponente di poterlo piegare a metà per100 volte. Alla fine quale sarà lo spessore della carta ripiegata?”. Il più riusciranno ad immaginare uno spessore di qualche centimetro, forse di qualche metro, ma faranno molto fatica ad accettare che la risposta finale è 100 milioni di chilometri (la luna dista dalla terra 384 mila chilometri).

In questo caso, a mio parere, siamo di fronte a un errore sistematico, quindi a un bias, perché il nostro cervello non riesce a concepire che una cosa estremamente piccola possa diventare estremamente grande.
In questo caso la strategia non è quella della consapevolezza situazione, ma della conoscenza di questi errori sistematici.

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