Sipario

di Antonio Zuliani

Sipario esempio letterario che riprende alcuni dei concetti centrali ai processi decisionali. Lo troviamo nella vicenda che viene raccontata in “Sipario, l’ultima avventura di Poirot”. Romanzo scritto da Agatha Christie durante la Seconda Guerra Mondiale, ma pubblicato solamente nel 1975, che narra della decisione dell’investigatore, ormai vecchio e ammalato, di uccidere un uomo.

Due domande sono per noi interessanti: perché il paladino della giustizia arriva a commettere un delitto? Perchè il capitano Hastings, amico e collaboratore di Poirot, pur messo sulla giusta pista non arriva a comprendere la verità?

Poirot omicida.

Alla prima domanda si può rispondere per il fatto che Poirot incontra il criminale più raffinato e subdolo della sua carriera: Stephen Norton. L’investigatore belga attribuisce a Norton almeno 5 omicidi, non direttamente commessi da lui, ma da lui provocati con l’uso della parola. Norton non uccide e quindi non può essere incriminato, ma provoca questo comportamento negli altri facendo leva su alcuni comuni meccanismi psicologi che tutti viviamo.

Un’interpretazione.

Tutti noi proviamo impulsi aggressivi, fintanto omicidi, ma ci tratteniamo dal farlo perché la volontà, l’etica, la morale ci distolgono dal metterli in pratica. Per quanto bene educati e ben orientati a una vita di relazione, inconsapevolmente, viviamo emozioni ben diverse. Spesso improntate a preconcetti, alla sopraffazione e alla conquista delle cose che ci piacciono, a scapito di qualunque rivale incontriamo. Quello che ci salva è la ragione e la capacità che abbiamo di scegliere.

Norton si guarda bene dal tentare di mettere in discussione questi principi e questi meccanismi difensivi, se lo facesse arriverebbe a rafforzarli e il suo intento di provocare un omicidio sarebbe vanificato. No, più sottilmente agisce sulla barriera di autocontrollo. Fa vedere come la cosa sarebbe possibile, certamente esecrabile, ma possibile. In questo modo diviene anche plausibile a fronte delle malefatte della vittima e del sollievo che ne avrebbero, dalla sua scomparsa, altre persone.

Così facendo la persona si trova gradatamente coinvolta nel pensiero che, alla fin fine, il suo gesto ha una sua legittimità, se non addirittura una sua punta di eroismo. Non importa se dovrà pagare il prezzo che la società gli assegnerà come omicida. Come quando induce Margaret Leichfield a pensare che se avesse ucciso il padre avrebbe liberato le sorelle da quella specie di ergastolo alle quali le stava condannando.

Certamente si tratta di un racconto estremo, come estremo è il gesto Poirot di “giustiziare” il colpevole di queste nefande influenze. Ma rimane il fatto che la parola, anche la parola di ognuno di noi, ha un grande potere nel condizionare il comportamento. Ma come ha fatto Poirot a scoprire un assassino così “invisibile”? Semplicemente ponendosi una domanda: “nessun uomo normale può affermare di aver conosciuto 5 assassini”. Doveva esserci una spiegazione e per cercarla si reca proprio dove il sospettato risiede per l’estate e osserva.