Riflessioni del peer supporter
di Antonio Zuliani
La formazione dei peer supporter è uno dei punti di forza di StudioZuliani. All’interno di questo percorso abbiamo individuato alcune domande guida che il peer dovrebbe spesso porsi per svolgere al meglio il suo lavoro
Proprio la delicata funzione di supporto emotivo che il peer supporter si trova ad affrontare quando, per sua scelta o per mandato istituzionale, assume il compito di affiancare un collega gli chiede di interrogarsi su alcune questioni sostanziali.
In questo momento ha sufficiente energia psicologica ?
Ogni evento drammatico si inserisce improvvisamente nella vita di persona che farvi fronte potrà contare sulle energie psicologiche a sua disposizione in quel momento.
Questo accade a tutti. Tutti si trovano in un momento della vita nel quale, per una serie di vicissitudini personali, familiari o sociali, gran parte dell’energia psichica si trova assorbita da tutte queste importanti questioni. Può quindi accadere di non averne a sufficienza per affrontare la situazione di sofferenza della persona che si ha di fronte.
È fondamentale la consapevolezza che non si può prestare aiuto senza aver a disposizione questa riserva energetica. Ci ricorda che la maturità del peer supporter sta anche nel valutare quando é più opportuno astenersi da un’opera che non sarebbe in quel momento utile. Questo perché il suo livello di stress è troppo elevato perché possa occupare di un’altra sofferenza.
Sono disponibile ad accettare di essere rifiutato ?
Le persone, per quanto coinvolte in eventi drammatici, hanno sempre il diritto di rifiutare l’aiuto che gli viene offerto o di non volerlo, o di non volerlo da una determinata persona. Il peer supporter è disponibile ad accettare che la sua offerta di aiuto possa essere rifiutata, senza vivere ciò come una frustrazione o peggio senza riversata sull’altro?
La riposta a questa domanda potrà aiutare a comprendere le motivazioni chei spingono ad assumere il ruolo di peer supporter
Per la persona che ho di fronte è chiara l’offerta di aiuto che sto dando?
Ciò comporta che una relazione di aiuto di questo tipo deve sempre essere dichiarata, anche attraverso una semplice frase del tipo “posso fare qualche cosa per lei?”.
La questione é importante sia perché la persona, come detto sopra ha il diritto di rifiutare l’intervento, sia perché la relazione di aiuto é sempre disuguale. Chi lo offre si trova in una posizione più forte di chi lo richiede o lo riceve.
Si tratta di una disuguaglianza inevitabile, ma che non può essere dimenticata né tanto meno sottaciuta e il dichiarare quello che si facendo ufficializza in senso positivo questa realtà.
Riesce a fermarsi in tempo?
Il peeer ha la cognizione e accetta che questa aua funzione di aiuto dovrà cessare nel momento in cui la persona sarà sufficientemente supportata da qualcuno del suo ambito familiare e/sociale?
Il lavoro di sostegno é un’opera transitoria e occorre avere la piena cognizione di ciò. Si tratta, quindi, di comprendere quando sia il momento di cessare nell’intervento resistendo all’idea seduttiva di mantenere i contatti anche successivamente con le persone che si sta aiutando.
Le persone colpite riacquisiscono fiducia non perché è intervenuta una specifica persona, ma perché qualcuno lo ha fatto e questo qualcuno ci sarà sempre.
Per la persona in difficoltà è fondamentale sentire che qualcuno si è occupato di lui, non che sei stato tu a farlo. Quello che deve crescere in lui è la fiducia nell’aiuto e non la riconoscenza nel tuo aiuto.