Dimenticare i nomi
di Antonio Zuliani
Fa parte dell’esperienza quotidiana il dimenticare i nomi. Non il nome di persone qualsiasi, ma spesso i nomi di persone conosciute, a volte anche care. L’imbarazzo e la preoccupazione che ne conseguono è ampiamente condivisa. Vediamo come questa esperienza sia assolutamente normale e non denoti alcun limite cognitivo. Dimenticare i nomi delle persone è un’esperienza ampiamente condivisa ed è un fenomeno sempre più frequente con il protrarsi dell’età. Questo fatto non è da attribuirsi solamente alla decadenza della memoria, ma la significato che hanno i nomi stessi.
Baker/baker
Come già aveva osservato John Stuart Mill (1843) dimenticare i nomi è assolutamente comprensibile perché i nomi delle persone non “ indicano né implicano nessun attributo che appartenga a questi individui”, infatti, i nomi propri non forniscono informazioni rispetto alla persona che possano aiutarci in questo ricordo. Per comprendere questa situazione possiamo richiamare il paradosso Baker/baker. Si tratta di un esperimento che consiste nel mostrare a delle persone l’immagine di volti maschili sconosciuti a due gruppi di persone. Al primo gruppo viene fornito un nome da associare al volto, al secondo un mestiere. Nel primo gruppo la prima persona mostrata si chiama Baker e la seconda Potter (rispettivamente fornaio e vasaio in italiano). Nel secondo, quello riferito al mestiere, la prima persona è un baker (fornaio) e la seconda un potter (vasaio).
Ebbene, il ricordo successivo dell’abbinamento volti-parole risulta molto più corretto quando il riferimento è al lavoro svolto e non al nome proprio. Burke e MacKay (1991) hanno elaborato una teoria legata alle rappresentazioni concettuali che il diverso uso della parola “baker” suscitano nel singolo individuo. Così risulta molto più facile ricordare la rappresentazione mentale di baker perché a essa si possono associare che lavora in cucina, cuoce il pane, si alza di notte, eccetera, rispetto all’ordinamento del nome proprio. Essendo quindi molto tenue il collegamento tra la rappresentazione lessicale (il nome della persona) e quella concettuale (ovvero chi è quella persona) è molto facile che al momento opportuno non riusciamo a ricostruire questo collegamento e quindi pur avendo ben chiara la figura di quella persona, magari anche il suo lavoro, dove abita, quando l’abbiamo conosciuto, non riusciamo ad abbinare il nome esatto. L’ulteriore dimostrazione di queste connessioni che provocano la dimenticanza è legato al fatto che nelle culture nelle quali i nomi di persone riflettono le caratteristiche di chi li porta questo blocco nel ricordo dei nomi è molto minore anche in età avanzata.
Strategie efficaci
Questo fenomeno è meno rilevante rispetto agli oggetti perché anche se non ricordiamo il nome esatto possiamo utilizzare una serie di parole che descrivono con sufficiente efficacia. Ad esempio posso non ricordare che quel bellissimo oggetto di arredo si chiama “sultana”, ma non sbaglio di molto che lo chiamo divano, sofà o canapè. Sulla base di quanto fin qui descritto appare evidente che una strategia per ricordare il nome è quella di costruirsi, anche utilizzando le possibilità tecniche fornite da un qualsiasi telefono cellulare, una sorta di database che permetta di connettere il nome della persona con altre caratteristiche quali professione, luogo di abitazione, occasione di conoscenza, che renda possibile con una semplice consultazione di ritrovare il nome della persona che stiamo incontrandola rimettendo al centro dei ricordi e quindi evitando gli spiacevoli imbarazzi di cui si parlava quando ci si trova a dimentica i nomi.
Bibliografia
Burke D., MacKay D., (1991), On the tip f tongue. What causes word failure in young and older adults?, in Joyrnal of y and Language, n. 30, pp. 237-246, 1991. Mill J.S., (1843), Sistema di logica deduttiva e induttiva, Utet, Torino, 1998. Schacet D.L. (2001), I sette peccati della memoria, Mondadori, Milano, 2002