Deflazione Psicologica

 

Gli economisti si dichiarano molto preoccupati per il periodo di deflazione che sta affrontando l’Europa; in questo sono condizionati dalla deflazione psicologica. Nelle loro analisi traspare la tesi secondo la quale per lo sviluppo di una nazione è necessaria un’inflazione controllata, mentre verso la deflazione non ci sono ricette valide.

Tutti abbiamo fatto una grande esperienza di cosa significhi inflazione: l’inflazione si ha quando i prezzi aumentano. La deflazione è semplicemente il suo contrario: il livello assoluto dei prezzi si abbassa. Sempre gli economisti ci dicono che in sé né l’una né l’altra sono positive o negative: dipende da come vengono governate. Il problema sembra essere proprio questo: come gestire il periodo deflazionistico: sembra che nessuno abbia una soluzione o che, comunque, non vi sia una soluzione condivisa.

Occupandoci di processi decisionali ci chiediamo se non vi siano anche dei meccanismi mentali, e non solo economici, che rendono difficile individuare una strategia economica valida in un periodo di deflazione.

Gli studi ci indicano che uno dei motivi può essere posto a carico del fenomeno chiamato “avversione alla perdita”.

Una esemplificazione

Per spiegarlo proponiamo un esempio legato al vostro salario prendendo spunto dai lavori di Motterlini.

Vi viene chiesto di scegliere tra due alternative:

Prima alternativa. A fronte di un’inflazione del 4 % vi viene proposto un aumento dello stipendio del 2 %.

Seconda alternativa. A fronte di un’inflazione pari allo 0 vi viene proposta una riduzione del salario del 2%.

Cosa scegliete?

La maggior parte delle persone opta per la prima alternativa: chi mai è disposto ad accettare una riduzione dello stipendio?

Se però guardiamo le due offerte da un punto di vista puramente economico sono del tutto identiche, in quanto in entrambi i casi il nostro potere d’acquisto perde il 2%.

L’avversione alla perdita la incontriamo in tanti altri “momenti economici”.

Un altro esempio lo propone Kahneman.

“Accetteresti o meno di partecipare al seguente gioco legato al lancio di una moneta?

se viene croce perdi 100 euro.

se viene testa, vinci 150 euro.”

Ebbene la maggior parte delle persone rifiuta di partecipare a un gioco di questo tipo perché il beneficio psicologico di vincere 150 euro risulta inferiore al costo psicologico di perderne 100.

Ancora una volta un calcolo meramente economico spingerebbe ad accettare perché si ha più probabilità di vincere una somma maggiore di quella che si perderebbe. La difficoltà di accettare la validità di quest’ultima osservazione mostra la forza del meccanismo all’avversione alla perdita: per la nostra mente le perdite appaiono più grandi del guadagno, questo perché entra in gioco quella parte del cervello che si chiama amigdala a causa della paura determinata dalla possibile perdita. In tema di prospettive economiche gli studi di neurobiologia hanno dimostrato che di fronte a un guadagno, o anche semplicemente di fronte all’anticipazione della sua realizzazione, si attiva nel cervello il corpo striato che è quello legato alla soddisfazione; mentre di fronte a una perdita, anche ipotetica, si attiva l’amigdala, deputata a reagire automaticamente ai pericoli.

Sempre questi studi ci forniscono un contributo circa la comprensione del nostro disagio ad affrontare il tema della deflazione, in quanto si tratta di un rischio che sentiamo fuori dal nostro controllo (cosa diversa dall’inflazione che ben conosciamo) e anche questo attiva l’amigdala facendo sentire questo rischio ben più grande di quanto non potrebbero indicare i dati statistici.

Con questo non vogliamo sostituirci agli economisti, ma contribuire a una riflessione più equilibrata mettendo in campo anche le moderne conoscenze della neurobiologia.

Dal punto di vista psicologico possiamo ritenere che una delle difficoltà a immaginare un futuro caratterizzato da una deflazione continua sia legato al meccanismo mentale all’avversione alla perdita. Ci si dovrebbe aspettare che gli economisti non cadano nella trappola mentale della deflazione psicologica, ma ricordarle sembra utile.

Bibliografia

Kahneman D. (2011), Pensieri lenti e veloci, Mondadori 2012

Motterlini M. (2006), Economia Emotiva, Rizzoli Editore 2012