Colpa ed errore in medicina

di Antonio Zuliani e Emanuela Bellotto

Secondo le nuove linee guida congiunte del General Medical Council e del Nursing and Midwifery Council inglesi (2015) i medici, gli infermieri e le ostetriche dovranno fornire “una spiegazione chiara e onesta” se qualcosa va storto e chiedere scusa ai loro pazienti in caso di errori.

La risposta della British Medical Association è stata decisa e lapidaria: medici e operatori non devono essere costretti a chiedere scusa e ad assumersi una colpa, prima che essa venga accertata.

In realtà la proposta contenuta nelle linee guida si inserisce nel vasto programma avviato in Gran Bretagna al fine di rilevare le informazioni sugli incidenti e gli errori medici da moderati a significativi, con lo scopo di individuare le strategie per evitarli in seguito. Invece la risposta della British Medical Association centra l’attenzione sul concetto di colpa.

Soffermarsi solo sul tema della colpa presenta alcuni limiti sui quali vale la pena di riflettere.

Aspetto accusatorio.

In primo luogo accentua, di fronte all’errore, l’aspetto accusatorio rispetto a quello sistemico. Soffermarsi all’interno di una logica accusatoria rende:

  • difficile la scoperta degli errori latenti,
  • difficile l’identificazione delle trappole di errore insite negli stessi schemi cognitivi umani,
  • significativa la mancanza di segnalazione dei pericoli ed eventi avversi,
  • più diffusi i comportamenti difensivi.

Tra l’altro questo atteggiamento spinge la stessa organizzazione sanitaria verso un’inerzia organizzativa, in quanto incentrato sui singoli e non sul sistema.

Questa ricerca del “colpevole” è favorita da uno dei più tipici errori cognitivi che viene chiamato il bias del “senno di poi”.

Tutti noi abbiamo la tendenza a considerare ciò che è accaduto come ovvio, inevitabile e prevedibile; questo meccanismo (hindsight bias) risulta estremamente negativo perché riduce o addirittura impedisce di imparare dall’esperienza. Se ci sembra di aver “sempre saputo” come sarebbero andate le cose chiuderemo ogni possibilità di apprendere dai nostri errori, perché leggendo retrospettivamente gli eventi ci illudiamo che esista un unico percorso che ha condotto al risultato attuale e che esso sia applicabile anche per il futuro.

L’analisi dell’errore.

Sarebbe augurabile che il personale sanitario per primo spingesse verso una logica sistemica nell’analisi dell’errore, logica che porta l’organizzazione verso criteri gestionali di affidabilità, corresponsabilità e miglioramento continuo, in cui:

  • l’errore umano non è visto come la causa di un evento, ma come il sintomo di più profondi problemi nel sistema,
  • gli eventi sono il risultato di molteplici cause,
  • l’errore umano non è la conclusione dell’analisi, ma il suo inizio per individuare i supporti organizzativi atti a evitarne la ripetizione,
  • l’errore costituisce un’importante fonte di apprendimento,
  • i successi non devono essere considerati come garanzia di sicurezza per il futuro,
  • è importante saper riconoscere le diverse tipologie di atti insicuri per individuare le soluzioni di miglioramento.

In secondo luogo molti studi ci stanno evidenziando che l’aggressività dei pazienti verso i medici è alimentata dalla mancanza di relazione. Come osserva Jeremy Hunt, ministro della Sanità britannico “La trasparenza e l’onestà, quando le cose vanno male sono strumenti potenti per migliorare la sicurezza del paziente” e, aggiungiamo, lo aiutano a vedere il medico per quello che è: il principale alleato per la sua salute. Forse spiegare e mostrare cruccio e turbamenti per gli errori avvicina il medico al suo paziente.

Ciò non significa assumere una colpa, ma aprire una via empatica che dichiara al contempo la volontà di essere, come sanitario, all’interno di un sistema che punta sempre al miglioramento, anche apprendendo dai suoi errori.