PdE numero 66
I contenuti del numero 66 di PdE:
Ricordi per la sicurezza;
Benessere, relazioni e produttività: il progetto dei nuovi luoghi del lavoro;
Comportamento manageriale positivo;
Le fuga nelle situazioni di emergenza.
Buona lettura!
I contenuti del numero 66 di PdE:
Ricordi per la sicurezza;
Benessere, relazioni e produttività: il progetto dei nuovi luoghi del lavoro;
Comportamento manageriale positivo;
Le fuga nelle situazioni di emergenza.
Buona lettura!
A Foligno, il 22 ottobre 2022, un importante convegno sulle nuove frontiere della psicologia dell’emergenza.
Mi spetta l’onore e l’onere del contributo iniziale certrato su come Covid, guerra e crisi economica chiedano a tutti gli psicologi di ripensare al loro modo di operare.
Un aspetto su tutti: si sta rompendo ae tradizionale distinzione, semmai sia stata utuile, tra vittima e chi presta soccorso
08.00 Arrivo e registrazione dei partecipanti
08.45 Saluti istituzionali
09.00 PRIMA PARTE- EMERGENZA SANITARIA
Spazio, tempo, modi e vittime: una nuova psicologia dell’emergenza?
Antonio Zuliani
Supporto ai sanitari durante l’emergenza COVID-19 e buone prassi per il
futuro
Giada Maslovaric
10.30 Coffee break
10.45 SECONDA PARTE- EMERGENZA GUERRA
Tutori di Resilienza in contesti di emergenza. Chi? Come? Perché?
Francesca Giordano
Testimonianze multiprofessionali legate all’attività delle Associazioni in
Territorio Ucraino
Francesca Ponzalino, Cinzia Venturi
Confronto e dibattito tra docenti e partecipanti
13.30 Elaborazione questionario ECM e conclusioni
È stato inviato agli abbonati il numero 64 di “PdE – rivista di psicologia applicata all’emergenza, alla sicurezza e all’ambiente”
Il numero 64 è interamente dedicato al tema del lavoro a domicilio. Una realtà organizzativa che sta diffondendo in tutto il paese.
Proprio per non fare la fine dalla rana bollita di Chomky poniamo il nostro impegno, anche futuro, a rendere tutti consapevoli dei benefici e dei rischi di queta scelta. Leggi su La rana bollita
La rivista PdE ha carattere trimestale e coloro che disiderassero abbonarsi gratuitamente alla stessa possono compirale il form seguente.
Di fronte a ogni situazione che incontriamo il nostro cervello cerca correlazioni note e rassicuranti.
Un meccanismo che punta a risparmiare energia e a rassicurare sul fatto che non sta accadendo nulla di ignoto e verso il quale non abbiamo strumenti per affrontarlo.
Nell’articolo, pubblicato per Confprofessioni, abbiamo parlato di questo fenomeno partendo da un esempio letterario. Il racconto di fantascienza Sentry di Fredirc Bown.
Psicologia in emergenza.
Un evento dedicato alla riflessione sulla “psicologia in emergenza” promosso dall’Ordine degli Psicologi della Sardegna.
Il mio intervento ha il titolo “A lezione dal Coronavirus: i parametri della psicologia dell’emergenza”.
Venerdi 24 e sabato 25 settembre 2021.
di Martina Zuliani
Spesso vediamo come, nelle società avanzate, vi siano differenze nell’alimentazione delle diverse classi sociali. Il cibo prodotto in catene di massa, largamente industrializzato e contenente conservanti, coloranti, aromi artificiali e, nel caso dei prodotti di derivazione animale, anche antibiotici, sono spesso venduti a prezzi ridotti, diventando così un’attrattiva per le classi meno abbienti.
Tendiamo dunque ad affermare che la diffusa obesità tra le persone economicamente svantaggiate sia dovuta solamente al non potersi permettere cibi più salutari.
Due studi effettuato da Boyka Bratanova, Steve Loughnan, Olivier Klein, Almudena Claassen e Robert Wood ed effettuato nell’Università di St. Andrew, Regno Unito, dimostrano però come vi siano ulteriori fattori che determinano l’assunzione di calorie nelle diverse classi sociali.
Le ipotesi di partenza dei ricercatori erano che la condizione di povertà portasse le persone a consumare maggiori quantità di calorie in via preventiva e che la percezione della disuguaglianza di classe portasse sia le persone più svantaggiate che quelle più avvantaggiate a soffrire di ansia e stress e, conseguentemente, a consumare più cibo.
Il primo studio
Nel primo studio vennero coinvolti 54 studenti universitari, con un’età media di 20 anni e di cui 28 ragazze. Essi vennero fatti accomodare in cubicoli separati e vennero informati del fatto che avrebbero preso parte a due studi, uno sulla percezione del benessere nella società e l’altro sul consumo di snack durante le attività ricreative.
All’inizio dell’esperimento vennero raccolti i dati demografici, sul benessere economico della famiglia e sul livello di fame dei partecipanti. Gli studenti si videro poi assegnare un brano da leggere. Vennero casualmente assegnati brani sul benessere della società o sulla sua povertà. Venne poi chiesto di descrivere i brani letti. Inoltre venne chiesto ai partecipanti di nominare due oggetti in loro possesso che li facessero sentire benestanti o poveri e due che li facessero sentire privilegiati o svantaggiati rispetto alle altre persone. Infine venne somministrato un questionario per misurare l’ansia da ineguaglianza focalizzato sulla percezione che i terzi hanno riguardo ai partecipanti.
Nella seconda parte dell’esperimento, i partecipanti vennero invitati a guardare due brevi documentari sulla natura. Durante il primo documentario, ciascun partecipante si vide offrire un piatto contenente 100 gr di cracker, nel secondo uno contenente 150 gr di cioccolata. Venne infine loro chiesto di valutare il gusto degli snack ricevuti.
I risultati dell’esperimento dimostrano come coloro che avevano letto il brano che descriveva la povertà insita nella società consumarono più calorie e apprezzarono maggiormente la cioccolata. Inoltre, coloro che nel questionario sulla percezione altrui avevano dimostrato di essere stressati riguardo alla loro posizione di benessere consumarono più calorie rispetto agli altri.
Il secondo studio
Nel secondo studio vennero coinvolti 93 studenti con un’età media di 20 anni e di cui 63 ragazze. L’obiettivo era misurare se una persona consumasse più calorie dopo essere stata convinta di essere più povera, più ricca o economicamente uguale agli altri. Come prima cosa fu inviato un questionario ai partecipanti per misurare il loro desiderio di appartenenza e di essere accettati, da compilarsi prima dell’arrivo in laboratorio. All’arrivo, gli studenti vennero fatti accomodare in cubicoli separati e informati del fatto che avrebbero partecipato a due studi, uno esaminante la percezione personale della propria situazione finanziaria, con discussione di gruppo finale, e una sul consumo di cibo durante le attività ricreative.
Si procedette quindi a registrare i dati anagrafici dei partecipanti ed il loro livello di fame, dopodiché venne amministrato loro un questionario sulla loro possibilità o meno di permettersi l’acquisto di cibi e vestiti da essi graditi, nonché il potersi pagare attività ricreative e di svago. Alla fine del questionario venne ricordato agli studenti che un dibattito avrebbe seguito l’esperimento. Successivamente, i ricercatori comunicarono ad ogni partecipante come esso fosse economicamente svantaggiato, avvantaggiato o mediamente uguale agli altri. La categorizzazione venne effettuata a caso. Venne poi assegnato il compito di scrivere un paragrafo esprimente le aspettative riguardanti il dibattito e di descrivere il proprio livello di apprensione rispetto ad esso.
A questo punto fu comunicato che lo studio sul consumo di cibo avrebbe preceduto il dibattito. I partecipanti guardarono un documentario sulla natura e venne loro fornito un piatto contenente 100 gr di cracker al formaggio e 150 gr di cioccolata.
I risultati ottenuti dimostrarono come coloro che erano stati definiti poveri rispetto agli altri dalla randomizzazione post questionario dimostrarono un livello di ansia elevato rispetto al dibattito e consumarono maggiori calorie. La stessa cosa avvenne per coloro che si erano dichiarati limitati nel potersi permettere svaghi e acquisti durante il questionario.
I risultati
Vediamo dunque come non sia solo l’economicità dei cibi spazzatura a causare un aumento del consumo di calorie nelle classi più povere, ma che vi siano anche fattori psicologici, quali l’ansia, e fattori istintivi, quali l’accumulo di calorie in vista di tempi più duri, ad aumentare il rischio obesità nelle classi meno abbienti.
La stessa ansia sociale si dimostra inoltre causa di elevato consumo di calorie anche per coloro che si trovino in posizioni di benessere e che percepiscano l’incertezza del loro futuro di successo.
Sicuramente il primo passo per combattere l’obesità è quello di garantire l’accesso al cibo sano per tutti, ma conoscenza di certi meccanismi psicologici può aiutarci nel comprendere meglio alcune cause dell’alimentazione incorretta e a creare nuovi modelli per prevenirla.
di Antonio Zuliani
La persona disabile trova particolari difficoltà nelle situazioni di emergenza anche perché chi si occupa del soccorso spesso non ha idea dei suoi bisogni e di come comportarsi con lui. Ecco i risultati di un’importante ricerca in questo campo.
L’attenzione al disabile in emergenza è ben poco presente nella letteratura internazionale. Se a fatica si sta facendo strada una normativa tecnica atta a garantire al disabile una situazione di sicurezza sul posto di lavoro, non c’è altrettanta attenzione sul rapporto che il disabile vive con le situazioni di emergenza e su quello che l’operatore che interviene può fare per supportarlo.
Esiste un bel lavoro curato dal Stefano Zanut del Dipartimento dei Vigile del Fuoco sulle manovre da mettere in atto, mentre sugli atteggiamenti da assumere c’è ben poco.
In linea di massima si può affermare che sia più utile non aiutare un disabile senza prima avergli chiesto se lo desidera o no. Tale affermazione può sembrare in contrasto con una situazione di emergenza nella quale il tempo e/o il desiderio dei singoli di essere tratti in salvo appaiono aspetti molto lontani dalla realtà determinata dalla situazione di pericolo.
Si tratta, in ogni caso, di mantenere tale idea sullo sfondo di ogni decisione e di ogni intervento da prendere in queste circostanze. Molti disabili hanno conservato o raggiunto un elevato grado di autonomia e sono fieri di essere indipendenti.
E’ nell’interesse dello stesso soccorritore favorire la messa in atto di questa autonomia per ottenere maggior collaborazione, per compiere quelle manovre sulla persona che fossero necessarie nel modo più efficace possibile, anche per diminuire la propia fatica durante l’intervento.
L’attenzione principale è quella di essere in grado di comunicare e di rassicurare il disabile utilizzando un messaggio che da un lato comprenda le sue necessità rispetto alla situazione in atto e dall’altro lato sia in grado di fornirgli le indicazioni fondamentali circa le azioni da intraprendere.
La difficoltà per il soccorritore può consistere nel trattare il disabile come una persona normale vincendo perplessità ed imbarazzi che possono rendere complesso il dialogo reciproco. Un dialogo che rimane di fondamentale importanza, perché sarà il più delle volte il disabile stesso a poter fornire le indicazioni più giuste per poter essere aiutato. Non è, infatti, pensabile che ogni soccorritore sappia cosa deve essere fatto a fronte di ogni forma di disabilità che incontra nel suo lavoro.
Queste possono essere delle indicazioni di massima, ma certamente sarà necessario produrre degli studi più approfonditi sulla situazione che si trova a vivere il disabile nelle situazioni di emergenza.
Da parte sua StudioZuliani ha prodotto una ricerca in merito.