PdE numero 66
I contenuti del numero 66 di PdE:
Ricordi per la sicurezza;
Benessere, relazioni e produttività: il progetto dei nuovi luoghi del lavoro;
Comportamento manageriale positivo;
Le fuga nelle situazioni di emergenza.
Buona lettura!
I contenuti del numero 66 di PdE:
Ricordi per la sicurezza;
Benessere, relazioni e produttività: il progetto dei nuovi luoghi del lavoro;
Comportamento manageriale positivo;
Le fuga nelle situazioni di emergenza.
Buona lettura!
Può accadere di vivere un tradimento, da un amico o da un grande amore. Di fronte a questa esperienza si può perdonare, come e a quali condizioni? Un tradimento non è certo un’esperienza piacevole, qualsiasi livello con il quale si presenta. Ciò nonostante, chi tradisce può sentirsi spinto a confessare l’errore e a chiedere scusa. Come e in che modo queste scuse possono sanare il torto subito?
Risk ha visto che i tentativi di riconciliazione sono più frequenti quando le persone sentono la propria vittima particolarmente vicina. Il provare vergogna, al contrario non sembra affatto legata alla possibilità che gli offendenti si scusino. Infatti, la vergogna non sembra utile né auspicabile, perché spesso si accompagna a depressione e ostilità. Si può dire che la molla che spinge a chiedere perdono va nella prospettiva di aggiustare, oltre al torto, anche gli stessi sentimenti tra le persone coinvolte.
L’indulgenza verso chi ha tradito sembra avere un senso in chiave evolutiva, altrimenti l’uomo non l’avrebbe sviluppata: l’atto di perdonare fà in modo che l’altro, il futuro, si comporterà in modo diverso.
Certamente l’atto di perdonare ha una componente cognitiva e una emotiva, anzi possiamo dire che quella emotiva sta alla base del perdono stesso. Ecco perché persone molto vicine tra loro, con un rapporto soddisfacente, nel quale hanno investito, molto sono facilitate per arrivare al perdono: base fondamentale di un rapporto solido e affidabile.
Non desideriamo qui entrare in merito di quali sono, in termini di valori sociali, gli atti verso i quali si può più facilmente attivare un perdono. Come, d’altra parte, sarebbe complesso approfondire l’aspetto, comunque interessante, relativo al fatto di come i tratti di personalità di chi perdona siano importanti in questa direzione.
Per attivare e completare l’atto del perdono ci vuole tempo ed è importante favorire la comprensione di come mantenere viva la rabbia e l’amarezza, pur legittimamente provate, sia un percorso denso di sofferenza anche per chi ne è vittima.
Incoraggiare il perdono è un atto prosociale importante.
Ogni volta che ci costruiamo un’idea su qualche cosa, con tutta la fatica che ci costa, il nostro cervello ci spinge a confermarla in ogni modo. Questo è quello che si chiama pregiudizio: un classico errore di ragionamento che ci spinge a dare peso soprattutto alle informazioni che confermano ciò di cui siamo già convinti. Di qui il termine di “pregiudizio di conferma”.
Spesso attribuiamo al pregiudizio un valore squisitamente morale. Questo ci spinge a negarlo, almeno per noi, a non valutare la vera incidenza sul nostro funzionamento mentale e a non ricercare le strategie per contrastarne le influenze negative sulle decisioni da prendere.
Vi sono delle condizioni cha favoriscono l’incidenza del pregiudizio:
Come detto l’aspetto centrale della riflessione (sulla quale offriamo un approfondito documento di analisi che è possibile ricevere gratuitamente compilando il form alla fine dell’articolo) si basa sia sulla consapevolezza che il pregiudizio appartiene al nostro funzionamento mentale, sia sulle scelte che possiamo liberamente attivare, al fine di ridurne le influenze più negative.
In questo numero di PdE:
– Le parole per dirlo
– Luoghi di lavoro ed emicrania: progettare l’ambiente come facilitatore in esercizio e in emergenza
– Come cambia la cultura in azienda: impatto e potere trasformativo dei nuovi modi di lavorare
– Quando il cambiamento ti è vicino
Le metafora delle tre bambole è un modo per leggere efficacemente il tema delle resilienza.
Non è semplice affrontare la quotidianità del cambiamento in atto. Anche se possiamo fare affidamento su quella che abbiano chiamato nostra storia personale e le esperienze vissute ci accade di trovarci in difficoltà a fronte di tanti eventi della vita.
Per esplicitare questo tema Elwyn haelaborato la metafora delle tre bambole (1992).
Tre bambole sono costruite di materiali diversi: una di vetro, una di plastica e una di acciaio. Se le stesse subiscono un colpo di martello della stessa forza, l’impatto di questo sarebbe diverso per ciascuna bambola; quella di vetro si frantumerebbe in mille piccoli pezzi, la bambola di plastica rimarrebbe segnata da una cicatrice permanente e, infine, quella di acciaio rimarrebbe illesa, senza subire alcun effetto.
Questo fa pensare che sia decisivo il materiale con il quale sono costruite le tre bambole. Per analogia siamo indotti e pensare che esistono persone di “acciaio”, invulnerabili a ogni evento di vita, e quelle di “vetro” destinate a rompersi al primo colpo. Una metafora inquietante.
Michel Manciaux ha riproposto la metafora delle tre bambole sottolineando che la capacità di resilienza di un individuo non dipende solo da caratteristiche personali, ma è il risultato dell’interazione di più fattori. Vediamone i principali:
L’intensità della forza della caduta
Se la bambola scivola o viene scaraventata a terra cambia tutto. Non solo la forza dell’evento, ma anche la sua durata. Questo vale anche per le esperienze negative che viviamo e avranno un impatto diverso sul nostro benessere futuro.
Il materiale di cui è costituita la bambola
Ovvero le risorse interne che abbiamo a disposizione. I nostri punti di debolezza, già importanti durante la “caduta”, lo sono ancor di più nella possibilità di “risalita”.
La natura del “suolo”
Cambia che sia di piume, sabbia o cemento. In maniera analoga è essenziale la presenza o meno di figure di riferimento capaci di fornire relazioni di aiuto efficaci.
Ecco allora che il contesto nel quale siamo inseriti diviene determinante, come le relazioni con le persone che incontriamo: come supporto alle difficoltà.
Le parole non sono mai neutre nel descrivere una situazione, siano esse scritte o pronunciate, tanto da risultare decisive per le reazioni che provocano. Ovviamente, sempre che sia chiaro e condiviso il contesto all’interno del quale vengono utilizzate e dello specifico significato che vengono ad assumere.
Vediamo due esempi tratti da due pilastri della letteratura italiana, ma lo stesso varrebbe per ogni contesto relazionale.
“La sventurata rispose”, sono le parole con le quali Manzoni tratteggia l’inizio dei rapporti tra Geltrude e Egisto. In quel “sventurata” c’è sia la condanna sia la compassione che lo scrittore manifesta per la futura monaca di Monza.
Edmondo De Amicis (Cuore)
Solo condanna troviamo in quel “E l’infame sorrise” con cui De Amicis descrive la reazione di Franti quando la madre visita la scuola e ha un colloquio con il direttore. Una reazione così particolare che il direttore stesso concluderà l’incontro con un’altra frase di condanna senza appello: con il melodrammatico; “Franti, tu uccidi tua madre.
Come detto, non contano solo le parole, ma anche il fatto che le stesse acquisiscono un significato specifico perché la visione morale tra gli scrittori, che le scrivono, e i loro lettori è sostanzialmente la stessa.
Quanto affermato mostra come le stesse parole cambierebbero di significato se fossero pronunciate in un contesto sociale e morale diverso. Di questo occorre tenere debitamente conto per un’efficace comunicazione che punti alla chiarezza non solo del linguaggio, ma anche del significato implicito della comunicazione.
Se le parole “la sventurata rispose” fossero state utilizzate da Alessandro Manzoni come il prologo alla sceneggiatura di un film hard, la parola “sventurata” acquisterebbe ben altro significato. Analogamente accadrebbe a De Amicis, visto che quanto detto da Franti acquisterebbe un valore ben diverso se visto alla luce di quell’incontro con la madre visto sotto i connotati di un racconto Kitsch.
Di fronte a ogni situazione che incontriamo il nostro cervello cerca correlazioni note e rassicuranti.
Un meccanismo che punta a risparmiare energia e a rassicurare sul fatto che non sta accadendo nulla di ignoto e verso il quale non abbiamo strumenti per affrontarlo.
Nell’articolo, pubblicato per Confprofessioni, abbiamo parlato di questo fenomeno partendo da un esempio letterario. Il racconto di fantascienza Sentry di Fredirc Bown.