La sorpresa in emergenza

La sorpresa in emergenza

La sorpresa in emergenza

di Antonio Zuliani

Spesso si attribuisce alla sorpresa la causa di una risposta inadeguata o errata ad un evento. Questo quando tale risposta sia arrivata a determinare un incidente o un infortunio. Le cose sono più complesse perché la sorpresa può essere dovuta a eventi diversi e le stesse strategie per affrontarla non sono le stesse.

Si ritiene che uno degli aspetti che può produrre una risposta errata a un’emergenza sia rappresentato dall’effetto sorpresa dovuto a una situazione inattesa. Occorre chiarire il concetto di “sorpresa” e le strategie che possono essere utilizzate per diminuire i possibili effetti negativi legati al manifestarsi di questa emozione.

Occorre ricordare che la sorpresa è un’emozione molto breve, che scatta all’improvviso, giusto il tempo per inquadrare quello che sta avvenendo. Di per sé la sorpresa è un’emozione neutra: semmai è quello che avviene successivamente a connotare l’esperienza in senso positivo o negativo.

 Focalizzando quanto detto nel campo dell’emergenza occorre distinguere due tipi di evento che determinano la sorpresa.

I tipi di sorpresa

Il primo si manifesta quando ci si trova di fronte ad un evento inaspettato, cioè a qualche cosa che non avremmo immaginato accadesse. In questo caso l’emozione di sorpresa è molto breve e prosegue trasformandosi in paura, se la situazione è minacciosa. Mentre subentra il disgusto, se l’evento è sgradevole o repellente; e in gioia o felicità, se quanto accaduto è piacevole, e così via.

Si tratta del transitare di un’emozione (la sorpresa) verso un’altra ed è necessario prestare attenzione a quest’ultima se si vuole aiutare la persona a fornire una risposta efficace. Per cui la persona va aiutata o attrezzata a gestire non tanto la sorpresa in emergenza, ma altre emozioni. Sono la paura o il disgusto che possono rallentare la sua risposta all’evento.

 Il secondo tipo di sorpresa è molto più complesso perché scaturisce dal contrasto con ciò che ci si aspettava accadesse in quel momento: possiamo dire con Paul Ekman, di essere di fronte a un evento dis-aspettato.

Di fronte a questo tipo di sorpresa, il cervello cerca prima di tutto di confrontare quello che sta accadendo con quello che si aspettava accadesse, ciò, contrariamente a quanto accade per eventi inattesi, rallenta l’evoluzione delle emozioni.

Questo avviene perché il cervello cerca di riportare tutte le situazioni che incontra all’interno di quelle che già conosce, arrivando a cancellare (negligenza omissiva) tutti gli elementi non aspettati che si trova di fronte.

 Nella prima situazione descritta, che determina l’avvio di un percorso dove la sorpresa transita verso altre emozioni, la risposta da predisporre è quella relativa al contenimento di queste seconde risposte emotive perché sono quelle che possono influire sulla capacità di reazione.

Nel caso di una sorpresa determinata da un evento dis-aspettato: Qui occorre aiutare la persona a liberarsi da questa negligenza omissiva affinché non rimanga nella condizione di non vedere quel che sta accadendo. In questo modo viene rallentata la fondamentale capacità di produrre un’efficace consapevolezza situazionale. Cioè la capacità di rendersi conto di quello che sta accadendo attorno a sé.

Comunicazione in stato di crisi

Comunicazione in stato di crisi

New York, Londra, Tokyo:

La gestione della comunicazione in stato di crisi

 

A proposito di comunicazione in stato di crisi, appare evidente che il coinvolgimento di persone con funzione pubblica significativa è una strategia valida, perché possono trasmettere un importante senso di sicurezza. Pur tuttavia occorre ricordare che il ruolo pubblico non è di per sé sufficiente per validare una notizia o per determinare la reazione delle persone a fronte di un potenziale pericolo. Si tratta di una strategia vincente se la spiegazione assume una sua logica e se essa non viene smentita dai fatti. In questo caso il legame fiduciario che aveva all’inizio creato un effetto “rassicurante” si ritorce contro l’organizzazione con una perdita di credibilità da cui è difficile risalire.

Tre casi sono emblematici nella storia della comunicazione in stato di crisi.

New York 1985

Nel 1985 si rilevò che il bacino idrico che alimentava l’acquedotto di New York era stato inquinato da alcuni grammi di plutonio.

Pur essendo la quantità dell’inquinante assolutamente irrilevante la preoccupazione era che si potesse scatenare un’inquietudine che avrebbe spinto i newyrkesi a sentirsi minacciati da un pericolo incombente.

Edward Irvin Koch, amato sindaco della città, si prestò ad una “recita” assolutamente efficace. Al termine di un’intervista televisiva, che non verteva su questo tema, egli bevve una bicchier d’acqua attinto dal rubinetto. L’effetto rassicurante fu poi confermato alla popolazione attraverso un’attenta comunicazione che li informò della portata dell’evento inquinante.

Inghilterra 1990

Il 6 maggio del 1990, dopo appena sei giorni da quando si era diffusa la notizia che un gatto era morto per una mallatia imputabile alla BSE, il Ministro dell’agricoltura inglese, John Gummer escogitò una strategia per tranquillizare i cittadini.

Durante il salone nautico di Soffolt si fece ritrarre mentre mangia un ambungher assiema alla figlioletta Cordelia e, all’esitazione della figlia, prese un grande boccone del panino ed esclamò “assolutamente delizioso”.

Il fatto che solo due anni dopo il probelma della BSE dovette essere riconoscito come esistente dallo stesso Governo (per dimenticare i 32 morti della sua forma umana, la CJD), rese poco credibili le campagne messe in atto per informare la popolazione

Lo stesso Tony Blair scontò questo atteggiamento di sfiducia quando, anni dopo dovette affrontare il tema degli alimenti geneticamente modificati.

Tokyo 2011

Yasuhiro Sonoda, segretario parlamentare per Cabinet Office del Giappone, nel tentativo di dimostrare che l’acqua della centrale nucleare di Fukushima, colpita dallo tsunami, non era più contaminata, si fece ritrarre mentre, con mano tremante, beveva un bicchiere d’acqua. Il suo atteggiamento e l’assoluta improbabilità della notizia che stava dando gli scatenarono l’accusa di aver voluta fare il “Gunner”, tanto l’errato gesto del ministro inglese è divenuto emblematico di una comunicazione errata.

La lezione di Hillsborough

La lezione di Hillsborough

La lezione di Hillsborough

di Antonio Zuliani

Il 15 aprile 1989 è avvenuta una delle più importanti e significative sciagure all’interno di uno stadio calcistico europeo. A Hillsborough sono morte 96 persone. L’evento è fin troppo noto per tornare a descriverlo, ma due elementi di criticità di quell’evento sono purtroppo ancora attuali.

Il primo aspetto è la mancanza di comunicazione orizzontale: quando i tifoni del Liverpool sono stati fatti entrare dal cancello C hanno ben presto trovato la via sbarrata dalle recinzioni del campo. Nessuno ha comunicato questa situazione per cui si è continuato a far entrare i tifosi in questo autentico vicolo cieco. Questa carenza di comunicazione continua a creare danni e problemi. Basti pensare al City College di New York 1992, ponte di Mihong 2004, Duisburg 2010.

In fondo con conseguenze meno drammatiche è quello che è accaduto i mesi scorsi alla stazione di Roma, quando una telecamera ha inquadrato un viaggiatore che appariva armato; di conseguenza si è attivato un grande intervento di forze dell’ordine quando invece sarebbe bastato verificare cosa aveva visto il personale ai varchi di controllo.

Il secondo aspetto sempre attuale è relativo al fatto che quando ci aspettiamo un determinato evento, siamo propensi a interpretare i segnali ambientali come conferma di quello che ci attendiamo. È quello che hanno fatto i poliziotti di Hillsborough che vedendo i tifosi sfondare le recinzioni perché pressati da altri, hanno interpretato la cosa come un’invasione di campo e di conseguenza inizialmente si sono scagliati contro a questi “invasori”.

Attentato metropolitana Tokyo

Attentato metropolitana Tokyo

Attentato alla metropolitana di Tokyo

di Antonio Zuliani

Il 20 marzo del 1995 la setta Aum compì un attentato alla metropolitana di Tokyo liberando su alcuni treni il gas Sarin (gas nervino). L’attentato provocò 13 morti e oltre 6.000 intossicati.

Quanto avvenuto è un interessante esempio di come un’emergenza possa presentare degli aspetti verso i quali, non solo si è impreparati, ma che affrontati utilizzando criteri di lettura dell’evento e procedure certamente efficaci per altre situazioni, si possa arrivare ad aggravare le situazione.

 Dall’analisi degli avvenimenti emergono alcuni aspetti interessanti:

  • in molte stazioni il personale ferroviario interpretò l’evento sulla base dei loro frame cognitivi pensando o a incendi o a malori non ben identificati;
  • le azioni che ne conseguirono furono quelle di ricoverare le persone negli uffici della stazione e di andare a ripulire con carta e stracci il liquido che sporcava i pavimenti dei treni. La setta Aum aveva preparato il gas Sarin sotto forma liquida che sarebbe dovuto vaporizzare una volta bucati i sacchetti che lo contenevano, ma a causa di una mal stabilizzazione del gas, questo restò liquido;
  • in alcuni casi, gli stracci bagnati sono stati riposti negli uffici della stazione aumentandone il potere tossico;
  • alcuni treni continuarono il loro percorso nonostante fossero scese persone che si sentivano male;
  • le autorità sanitarie individuarono il gas Sarin solo due ore dopo perché avvisate da un medico, il dottor Yanagisawa, che ne aveva riconosciuto i sintomi perché precedentemente si era occupato di un analogo attentato avvenuto a Matsumoto.

L’attentato alla metropolitana di Tokyo mostra l’intreccio tra la difficoltà a vedere e interpretare un evento sconosciuto e l’attivazione di azioni che sarebbero state corrette in una condizione diversa ma non per la situazione in atto. D’altra parte un attacco con il gas Sarin era un avvenimento impensabile per gli addetti della metropolitana, ma presente nell’esperienza del dottor Yanagisawa che si era già occupato di un attacco analogo.

Anche da quest’esperienza si rileva come sia importante affrontare il tema di prepararsi a essere impreparati utilizzando delle esercitazioni che stimolino e favoriscano i processi decisionali degli addetti all’emergenza e non solo l’applicazione di procedure.

Osservatore nelle esercitazioni

Osservatore nelle esercitazioni

Osservatore nelle esercitazioni

di Antonio Zuliani

 

L’osservatore nelle esercitazioni è di straordinaria importanza per ricavare adeguate informazioni sull’andamento di una esercitazione di emergenza.

Vi sono alcune attenzioni fondamentali affinché questo ruolo possa essere svolto al meglio.

L’osservatore deve essere un vero e proprio “fantasma”, nel senso che non deve intervenire nella scena in nessun modo. Non deve farlo né con le parole, né con i gesti (a volte le comunicazione non verbali sanno essere estremamente eloquenti!).

Una esercitazione non è un momento addestrativo che prevede la correzione di atteggiamenti o di atti sbagliati. Si tratta di un’opportunità di verifica che tutta la sequenza di atteggiamenti, atti e procedure siano svolti in modo sufficientemente corretto. Ecco allora che se l’osservatore intervenisse non permetterebbe quest’analisi.

Intervenendo creerebbe una dipendenza nei suoi confronti da parte di coloro che si stanno esercitando che sarebbero spinti, non tanto a mettere in atto le proprie capacità e risorse di fronte agli ostacoli che incontrano, quanto a deporre su questo “osservatore” tutta la responsabilità.

Non è detto, inoltre, che un gruppo che sta conducendo una esercitazione anche di fronte a un errore non sia in grado di autocorreggersi. Se la correzione avviene dall’esterno si toglie ai partecipanti il fondamentale senso di auto efficacia, cioè la consapevolezza di riuscire ad affrontare da soli le situazioni.

Per condurre un’osservazione adeguata è necessario condividere con tutti gli osservatori gli obiettivi dell’esercitazione, ma anche il significato dei singoli gesti che vanno osservati. Troppo spesso si dà per scontato che tutti diano lo stesso significato alle parole, ai gesti o alle performance attese: non è così. Conoscere le caratteristiche del gruppo da osservare può ridurre gli impedimenti e le aspettative errate.

Il numero degli osservatori va stabilito sulla base degli eventi da osservare e della dispersione spaziale, ma anche in relazione alle azioni di controllo da svolgere: a volte avere più osservazioni su uno stesso evento può essere utile.

Infine va predisposta una checklist condivisa che aiuti l’osservatore nella sua opera sia di osservazione sia di rilevazione di quanto osservato: fidare solo sulla memoria può essere un errore fatale.

Osservazione e checklist

Osservazione e checklist

Osservazione e checklist

di Antonio Zuliani

Uno degli strumenti fondamentali per condurre un’osservazione durante un’esercitazione è di dotarsi di una checklist. Ogni volta che si sottolinea importanza dell’utilizzo delle checklist sembra che si voglia mettere in discussione la capacità di memoria delle singole persone. Il fatto è che la memoria, già di per sé molto labile, diviene ancora più incerta nella situazioni ad alto tenore emotivo, come sono le situazioni di emergenza. Una efficace prova di quanto detto lo possiamo ricavare da un articolo apparso nel New England Journal of Medicine. (altro…)

Esercitazioni annunciate o a sorpresa

Esercitazioni annunciate o a sorpresa

Esercitazioni annunciate o a sorpresa

di Antonio Zuliani

Da molte parti si ritiene che la esercitazione a sorpresa sia più efficace, rispetto a quella annunciata, al fine di testare veramente la risposta prevista dal piano di emergenza. Ciò deriva dalla preoccupazione che annunciare un’esercitazione ne tolga parte dell’efficacia. Il tema richiede una riflessione più ampia. In primo luogo l’esercitazione a sorpresa spesso non può essere attivata per una serie di ragionevoli motivi, tra i quali: la presenza di lavorazioni pericolose o la possibilità, si pensi alle strutture sanitarie, di determinare danni alle persone coinvolte, e così via. Queste considerazioni suggeriscono l’idea che le esercitazioni debbano essere per la massima parte necessariamente preannunciate. Ciò non toglie che le stesse possano avere tutte le caratteristiche atte a soddisfare il motivo di fondo per cui vengono organizzate: verificare le procedure di emergenza in atto. Vediamo alcune delle attenzioni che possono rendere un’esercitazione preannunciata assolutamente efficace: (altro…)