5 W

5 W

La regola delle 5 W è considerata la regola principale dello stile giornalistico anglosassone, ma può, insegnarci molto anche nelle relazioni quotidiane.

Le 5 W

Le cinque W indicano che per redigere una notizia è fondamentale che ogni articolo, fin dal suo inizio rispetti, le seguenti regole:

  • Who? [«Chi?»]
  • What? [«Che cosa?»]
  • When? [«Quando?»]
  • Where? [«Dove?»]
  • Why? [«Perché?»]

Le 5 W nelle relazioni

Noi che ci occupiamo molto di quanto il pregiudizio arrivi a determinare e a condizionare il giudizio che diamo dei comportamenti delle altre persone (vedi i link degli altri contributi in merito: pregiudiziopregiudizio e ascolto) pensiamo che questa regola giornalistica possa avare un suo senso anche in tante altre circostanze.

Un po’ come nel giornalismo costruiamo delle vere e proprie narrazioni circa i comportamenti degli altri. Una ricostruzione artificiale che ci permette di mettere ordine nella nostra visione del mondo.

Ma troppo poco ci chiediamo, ad esempio, se il protagonista avesse avuto veramente l’opportunità di comportarsi diversamente.

5 W contro il pericolo del moralismo

Certamente possiamo pensare, perfino auspicare, che tutte le persone che ci circondano, o almeno in quelle che riconosciamo come parte del nostro mondo, si comportino seguendo le regole morali. Che poi, non a caso, seguano le nostre stesse regole morali.

Ma non è così e giudicarli diversi da noi non ci aiuta a gettare un ponte di ascolto e comprensione.

Questo non vuole essere l’auspicio di una totale giustificazione di ogni comportamento, ma quello della comprensione, del “perché” che uno dei primi passi offerti affinché l’altro possa avere la possibilità di cambiare, se i suoi comportamenti ci hanno disturbato o offeso

Curiosità

Curiosità

 cLa leggenda racconta che Zeus regalò a Pandora il famoso vaso dicendole di non aprirlo per nessun motivo. Cosa che Pandora non fece e, a causa dalla sua supposta curiosità, dal vaso uscirono tutti i mali del mondo. Ecco allora che se non siamo come gli Dei dell’Olimpo la causa è la curiosità.

La curiosità come tratto evolutivo

Ma la curiosità è un tratto negativo del nostro essere uomini? Tutti gli studi smentiscono questa idea pur radicata nella nostra mente.

La curiosità ha un suo importante significato evolutivo: dalla fase dei perché dei bambini che mettono spesso in difficoltà i loro genitori a quella che ci spinge a seguire i tanti programmi televisivi che stuzzicano il desiderio di conoscere. Anche solo le risposte ai quiz che invadono tutti i canali televisivi.

La curiosità fa parte del nostro modo di esplorare il mondo e affrontare la quotidianità, anche se si tratta di un’esperienza che ognuno vive diversamente non possiamo rinunciarvi.

Uomini e animali parimenti curiosi

La tendenza verso la curiosità la vediamo anche negli animali dalle formiche fino ai primati. Dai rettili agli animali che ci fanno compagnia nelle nostre case.

 In questo caso si tratta spesso di una curiosità che aiuta a trovare il cibo o il partner, ma anche la presenza di possibile predatore.

Un valore 

La curiosità ha un grande valore nella nostra storia anche quotidiano. Possiamo, infatti, dire che le persone più curiose sono più capaci di affrontare e adattarsi ai cambiamenti anche improvvisi che la vita mette di fronte. Un altro buon motivo per essere curiosi. Sembra chiaro che la curiosità é un dono di madre natura anche se è difficile definirne i meccanismi che la determinano.

Tipi di curiosità 

Possiamo dire che ci sono vari tipi curiosità, anche se si tra di una distinzione in divenire.Ecco alcunitipim di curiosit:

  • “percettiva” che è tipica della mente che viene sottoposta a un nuovo stimolo e che si assopisce quando la novità non è più tale;
  • “epistemica”, cioè il desiderio di sapere;
  • “diversiva”, effetto della noia provata da una mente che si ritiene sottostimolata;
  • “specifica”, che scatta quando desideriamo avere una risposta specifica ;
  • sociale” che ci spinge a domandarci ciò che fanno e pensano i nostri simili

A proposito di detti senza fondamento: non è vero che le donne sono più curiose degli uomini. Si tratta di una tendenza del tutto trasversale.

Se siete interessati a un video sul tema ecco il link al nostro canale youtube https://www.youtube.com/watch?v=GTKs6fk0F48 

Bene e male

Bene e male

A volte è difficile esser consapevoli della differenza tra #bene e #male.consapevoli. Questo anche perché esiste una forza interiore, inconscia e che non controlliamo. Questo toglie ogni certezza in questa direzione.

Cinque opere letterarie sono illuminanti.

Amleto

Lo spettro del padre lo informa di essere stato ucciso dallo zio che poi ha sposato sua madre. Non appare chiaro fino a che punto Amleto sia consapevole dell’esistenza di questo omicidio. Certamente, come canta Vasco Rossi, é alla ricerca di un senso alla sua vita dopo questa notizia. Ma Amleto un senso non lo troverà. Non lo troverà perché la strategia che utilizzerà per fare in modo di dare un significato al sogno è quello di affidarsi a una compagnia di saltimbanchi per rappresentalo. Dalla reazione dello zio Laerte e della madre Clitennestra lui ritiene di leggere la verità della cosa: passa, così, dal sogno a un piano di realtà. Che poi sfocerà nel dramma finale, senza permettergli di pensare di non avere un futuro.

 Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde

“Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde” di Stevenson. Il tema centrale è quello del “doppio” e del rapporto tra bene e male in cui l’esistenza di questa ambivalenza assume l’evidenza che in Amleto troviamo solo tra le righe.

Il dottor Jekyll pensa, attraverso una pozione di sua invenzione, di poter gestire e liberare la parte migliore di Sè e di allontanare la peggiore. Quale straordinario progresso per l’umanità mettere sotto controllo le istanze negative. L’esperimento fallirà fino a trasformarlo, anche fisicamente in un bruto, dedico alla violenza, fino all’assassinio. Jekyll scoprirà con orrore di non riuscire a controllare la parte peggiore di Sè e si ucciderà. La parte più interessante del racconto é che Jekyll scoprirà lentamente questa realtà in una sorta di diario postumo. Senza un attento e faticoso lavoro di incontro, conoscenza e elaborazione della nostra storia siamo destinati a fallire, senza l’illusione di controllarle con la forza del sapere cognitivo ciò che facciamo.

Il processo 

Josef K. viene arrestato. Non se ne conosce il motivo, né la procedura che seguirà il processo. Si tratta di un grande viaggio onirico popolato, come i nostri sogni quotidiani, di personaggi surreali. Un sogno che si concluderà tragicamente: K che sarà prelevato da due uomini per essere portato in una cava dove verrà giustiziato. Quello che accade a K, i personaggi che affollano la vicenda, appartengono a quel mondo nel quale non esiste separazione tra bene e male, tra vita e morte, tra colpa e innocenza. Kafka ci ricorda che dobbiamo accettare di non riuscire a dare senso e a controllare tutti gli aspetti della nostra vita.

Il ritratto di Dorian Grey

Ne “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde, Basil, l’autore del ritratto che fisserà per sempre l’eterna giovinezza del protagonista, gli fà una predica, nel tentativo di riportarlo sulla retta via., Ma Dorian lo uccide senza provare rimorsi. Qui appare la negazione della differenza tra bene e male. Una sorta di diniego distruttivo pur di non accettare la sfida del cambiamento.

Dracula

La negazione del male la troviamo qui nella modificazione dell’identità e financo delle competenze professionali. Il medico-stregone olandese riduce la sua scienza a pratiche magiche: lungi dal curare una malattia, si assume il compito di combattere la presenza di esseri soprannaturali di origine demoniaca. Da medico si trasforma in esorcista ridotto a pestar paletti nel cuore dei cadaveri, a far circoli di ostie consacrate e a seminare crocefissi e puzzolentissimi fiori d’aglio. Tutto perché è più facile immaginare che il male abbia la sua residenza in Transilvania, piuttosto che in ognuno di noi. Come se non ci fosse noi una distinzione tra bene e male.

 

Perdono

Perdono

Può accadere di vivere un tradimento, da un amico o da un grande amore. Di fronte a questa esperienza si può perdonare, come e a quali condizioni? Un tradimento non è certo un’esperienza piacevole, qualsiasi livello con il quale si presenta. Ciò nonostante, chi tradisce può sentirsi spinto a confessare l’errore e a chiedere scusa. Come e in che modo queste scuse possono sanare il torto subito?

Perdono e vicinanza

Risk ha visto che i tentativi di riconciliazione sono più frequenti quando le persone sentono la propria vittima particolarmente vicina. Il provare vergogna, al contrario non sembra affatto legata alla possibilità che gli offendenti si scusino. Infatti, la vergogna non sembra utile né auspicabile, perché spesso si accompagna a depressione e ostilità. Si può dire che la molla che spinge a chiedere perdono va nella prospettiva di aggiustare, oltre al torto, anche gli stessi sentimenti tra le persone coinvolte.

L’indulgenza verso chi ha tradito sembra avere un senso in chiave evolutiva, altrimenti l’uomo non l’avrebbe sviluppata: l’atto di perdonare fà in modo che l’altro, il futuro, si comporterà in modo diverso.

Le componenti del perdono

Certamente l’atto di perdonare ha una componente cognitiva e una emotiva, anzi possiamo dire che quella emotiva sta alla base del perdono stesso. Ecco perché persone molto vicine tra loro, con un rapporto soddisfacente, nel quale hanno investito, molto sono facilitate per arrivare al perdono: base fondamentale di un rapporto solido e affidabile.

Non desideriamo qui entrare in merito di quali sono, in termini di valori sociali, gli atti verso i quali si può più facilmente attivare un perdono. Come, d’altra parte, sarebbe complesso approfondire l’aspetto, comunque interessante, relativo al fatto di come i tratti di personalità di chi perdona siano importanti in questa direzione.

Incoraggiare il perdono

Per attivare e completare l’atto del perdono ci vuole tempo ed è importante favorire la comprensione di come mantenere viva la rabbia e l’amarezza, pur legittimamente provate, sia un percorso denso di sofferenza anche per chi ne è vittima.

Incoraggiare il perdono è un atto prosociale importante.

Raccontare una storia

Raccontare una storia

Raccontare una storia, narrarla, è uno strumento prezioso di coinvolgimento che spesso porta tutti all’interno di una dimensione prosociale che la stessa storia rappresenta.

Storie bene comune

Si tratta spesso di storie empatiche di persone e situazioni che rappresentano un prezioso strumento per l’insegnamento e l’apprendimento che aiutano tutti a ricercare le migliori soluzioni per il miglioramento economico e sociale dei protagonisti.

Le storie e il loro racconto possono attrarre le persone a vivere all’interno di “tribù” coese e solidali, ma le stesse storie possono essere uno strumento per la manipolazione e l’indottrinamento. Ecco allora che la coesione ottenuta rischia di allontanare una tribù dall’altra, come calamite che girate al contrario che arrivano a erigere barriere che possono essere letali.

Il fulcro della storia

Ciò significa che occorre prestare attenzione alle storie che ci vengono raccontate sia attraverso le parole, sia attraverso le immagini che sembrano avvalorarle. Aspetto tanto più presente oggi all’interno si una società dove la velocità e la ripetitività con la quale queste comunicazioni vengono trasmesse è tale da risultare spesso intangilbile a ogni possibilità critica.

D’altra parte lo stesso funzionamento del nostro cervello, come gia ricordato, si affida a quell’atteggiamento di prevenzione per cui, una volta elaborata un’idea, siamo spinti a ricercare prioritariamente tutti gli elementi che la confermano. Ecco allora che le storie acquistano una loro credibilità implicita: se tutti lo dicono deve essere vero!

Una domande cruciale sulle storie

La domanda urgente diviene quindi: come possiamo contribuire con le storie “buone” al progresso sottraendoci al rischio di cadere nella trappola di storie che ci allontanano l’uno dall’altro?

Le persone che raccontano le storie lanciano una sorta di incantesimo che permette loro di entrare nelle nostre menti, dove modificano il nostro modo di pensare: come spendiamo i nostri soldi, come votiamo e verso cosa proviamo interesse.

Torneremo su questo tema al fine di ricercare una soluzione condivisa sui temi fin qui sollecitati.

Pregiudizio

Pregiudizio

Ogni volta che ci costruiamo un’idea su qualche cosa, con tutta la fatica che ci costa, il nostro cervello ci spinge a confermarla in ogni modo. Questo è quello che si chiama pregiudizio: un classico errore di ragionamento che ci spinge a dare peso soprattutto alle informazioni che confermano ciò di cui siamo già convinti. Di qui il termine di “pregiudizio di conferma”.

 Ma io non ho pregiudizi

 Spesso attribuiamo al pregiudizio un valore squisitamente morale. Questo ci spinge a negarlo, almeno per noi, a non valutare la vera incidenza sul nostro funzionamento mentale e a non ricercare le strategie per contrastarne le influenze negative sulle decisioni da prendere.

 Influenze sul pregiudizio

 Vi sono delle condizioni cha favoriscono l’incidenza del pregiudizio:

  • la diffusione del social-media;
  • la forza del gruppo e dell’autostima reciproca che vi aleggia;
  • l’influenza delle “persone autorevoli”;
  • l’aspetto fisico come indicatore di identità;
  • i rapporti sociali;
  • i pregiudizi di attribuzione.

 Strategie di contenimento del pregiudizio

 Come detto l’aspetto centrale della riflessione (sulla quale offriamo un approfondito documento di analisi che è possibile ricevere gratuitamente compilando il form alla fine dell’articolo) si basa sia sulla consapevolezza che il pregiudizio appartiene al nostro funzionamento mentale, sia sulle scelte che possiamo liberamente attivare, al fine di ridurne le influenze più negative.

Pregiudizi

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Clima e guerre

Clima e guerre

In questi anni stiamo assistendo a una dicotomia storica. Da un lato è aumentata l’attenzione per i cambiamenti climatici, per la distribuzione delle risorse e per la stessa politica del riutilizzo e del riciclo in una logica di corresponsabilità per i destini di tutti. D’altro lato assistiamo a un aumento di conflitti e guerre, spesso proprio a causa della limitatezza delle risorse disponibili.

Due domande

C’è una relazione tra le due cose? Perché non riusciamo a far leva su quel profondo altruismo che pure appartiene all’esperienza umana?

Una ricerca

Su questi temi risulta illuminante una ricerca condotta dalle università dello Utah e della California.

Nel farlo i ricercatori hanno esaminato i traumi letali di 149 persone vissute nelle Ande centrali, prima dell’invasione spagnola, nell’arco di 700 turbolenti anni: tra il 750 e il 1450.

Anni caratterizzati da siccità pluriennali e precipitazioni imprevedibili. Il tutto connesso a feroci guerre tribali.

Una prima connessione

La connessione più evidente tra le condizioni climatiche avverse e le guerre consiste nella ricerca, da parte delle popolazioni che vivevano in condizioni negative, di territori più favorevoli a scapito di altre tribù: di qui conflitti e guerre. Nulla di inaspettato.

Una seconda connessione

I ricercatori hanno, però, mostrato una seconda connessione tra condizioni climatiche e guerre. Man mano che una popolazione migliorava le proprie condizioni si assisteva anche a un impulso demografico. Questo faceva in modo di rendere insufficienti le risorse stesse. Di qui la scelta di cercare di impossessarsi di quelle degli altri e, di conseguenza, dei loro territori.

I conflitti nascono quindi dalla carenza di risorse, come dalla loro ricchezza.

Ambivalenza umana

Come già affermava Darwin, l’uomo è estremamente ambivalente e ambiguo. Sappiamo essere solidali, altruisti e, al contempo, attenti al piccolo legato all’appartenenza a un gruppo o a una tribù.

Una via

Proprio perché la guerra non è nel nostro DNA, rimane l’arma della cultura: fatta non tanto di affermazioni teoriche, quanto piuttosto di esperienze nelle quali la condivisione positiva delle risorse viene vissuta come vincente.

Una sorta di terza via che rompe il rapporto conflittuale e la dicotomia tra risorse e guerre. Una via da percorrere assieme.