Di fronte a un incidente occorre comprenderne le cause. Facile a dirsi e difficile a farsi anche perché spesso il nostro cervello non ci aiuta. Abbiamo spesso parlato di come il nostro cervello ricerchi relazioni certe e note tra i fatti che incontra. Questa ricerca ha un grande effetto rassicurante (so cosa aspettarmi), e comporta un grande risparmio di energia mentale (pensare costa fatica). D’altra parte proprio il manifestarsi di un incidente spesso sottende a cause del tutto nuove.
Individuare una correlazione spesso funziona, come la constatazione che mettere un piede davanti a un altro permette di camminare. Vi sono, però, delle circostanze nelle quali questa ricerca ci porta a errori significativi.
Se accade A, succede B
Vediamo un esempio di questa tipologia di errore. Per un incontro importante (un esame, un lavoro, ecc.) mi sono casualmente messo in tasca un fazzoletto rosso (fatto A). L’incontro è andato bene (fatto B).
Risulta evidente che non è stato il fatto di avere in tasca un fazzoletto rosso che ha determinato la positività dell’incontro.
Ma sarò spinto a mettermi sempre in tasca un fazzoletto rosso prima di ogni incontro importante per fare in modo che anche tutti gli altri vadano bene.
Poca cosa in questo caso, ma si tratta di un errore cognitivo che può risultare molto pericoloso in altre circostanze.
Correlazioni vere, conclusioni forzate.
Questa tipologia di errore la commettiamo quando, a fronte di una correlazione vera, arriviamo a delle conclusioni per lo meno troppo semplici e forzate. Ma anche queste rassicuranti.
Un esempio: mi accadono troppi incidenti, tanto che la mattina sono molto preoccupato di quello che mi succederà in giornata. La preoccupazione mi sembra un dato decisivo per cui la soluzione è quella di smettere di pensarci.
Il ruolo della superstizione.
Questa continua ricerca di correlazioni porta anche al pensiero di matrice superstiziosa. Tipico è quanto si attribuisce una sorta di pericolosità al numero 13. Tanto che in molti alberghi o grandi edifici non esiste il piano numero 13. L’aspetto buffo di questa superstizione è il fatto che il 13° piano continuerà a esserci.
Dagli esempi riportati sembra si tratti di un meccanismo mentale alla fin fine molto innocuo. Non è proprio così: si tratta del medesimo ragionamento che possiamo essere spinti a compiere quando non esaminiamo tutte le concause di un incidente. Soffermandoci solo su quelle che appaino più dirette: appunto, che appaiono!